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Fregola referendaria

18 Novembre 2018 da Emilio Conti

Mi scuso subito per il titolo del post, ma mi è venuto quasi d’istinto vedendo quello che stava succedendo su Facebook dove diversi amici postavano entusisti vari commenti sulla bontà e sui vantaggi dell’unione tra i comuni di Belgioioso e Filighera. Mi ricordo, ma non vorrei sbagliare, un solo post contrario all’unione.

Oggi è il fatidico giorno e, vada come vada, sull’argomento ho già detto la mia nel post precedente. Vorrei aggiungere solo due considerazioni.

La prima è che di fronte alle sempre più tenui risorse destinate all’Ente locale Comune nessuno abbia speso una parola sull’abolizione dell’IMU sulla prima casa che un po’ di respiro ad essi concedeva. Una bella battaglia per reintrodurla no? Troppo antipatica agli evasori?

La seconda è: ma tutto ‘sto popò di referendum quanto ci viene a costare? Spero che qualcuno sappia darmi una risposta.

Unione sì, solo vantaggi?

20 Ottobre 2018 da Emilio Conti

Come ormai tutti sappiamo, il prossimo 18 novembre si farà il referendum per approvare l’unione tra i comuni di Belgioioso e Filighera. Subito un’annotazione sulla parola unione il cui uso non mi sembra appropriato trattandosi di due comuni dalle dimensioni demografiche incompatibili: 6201 abitanti Belgioioso, 825 Filighera (un nono di Belgioioso) più di unione bisognerebbe parlare di incorporazione.

Ma al di là di ogni disquisizione semantica vorrei proporre un aspetto che forse non molti hanno colto. Dirò subito che personalmente sono contrario a qualsiasi unione anche perché ho la fortuna di frequentare piuttosto spesso la Francia dove si possono trovare un buon numero di paesini che spesso non superano i 500 abitanti, ma dove in ciascuno trovi il suo municipio con tanto di bandiere francese ed europea (di solito nuovissime). Prevedo già l’obiezione: ma in quello Stato le cose funzionano diversamente che da noi. Al che potrei controbattere: e perché da noi non possiamo farle funzionare come da loro? Per una questione finanziaria? Ma questo è quello che vogliono farvi credere.

Al di là di questa opinione personale c’è un aspetto che mi preoccupa. E’ indubbio che le unioni tra comuni portino significativi vantaggi in modo particolare in termini di rimesse finanziarie e questo a prima vista sarebbe un aspetto positivo. Ma questo vantaggio potrebbe rivelarsi un boomerang perché poi è il modo in cui queste rimesse verranno utilizzate a preoccupare.

Facciamo un esempio. Supponiamo che l’unione tra Belgioioso e Filighera vada in porto. L’anno prossimo si terranno le elezioni locali. Già circolano voci che il Dr. Zucca si presenterà con una sua lista (più che voci un dato di fatto). Supponiamo ancora che la lista Zucca vinca  e che il il suo capolista (Zucca) ridiventi sindaco: secondo voi la cornucopia di finanziamenti che pioveranno sull’Unione come verranno utilizzati? Per sistemare le strade e marciapiedi? Per sistemare la viabilità? Per il sociale? Per il decoro urbano? Tutte domande retoriche. Perché sappiamo tutti dove andranno a finire tutti quei soldi: in quell’idrovora chiamata castello.

Quindi il nodo è su chi gestirà quei soldi. Persone sensate  ed oculate oppure scialacquatori di denaro pubblico per opere inutili se non ad accrescere il proprio ego? Anche se la prospettiva sopra descritta (rielezione di Zucca) non ha molte possibilità di avverarsi (ma mai dire mai) nel dubbio e a scanso di equivoci sarebbe meglio che l’Unione non si facesse. E’ un pericolo che non voglio correre.

Buon 2018

1 Gennaio 2018 da Emilio Conti

Buon anno a tutti 😈

Buon Natale 2017

25 Dicembre 2017 da Emilio Conti

Dal momento che, purtroppo, il blog è in stagnazione, i filmati musicali di auguri per quest’anno saranno un po’ scarsi. Anche perché di materiale originale non se ne trova poi molto in giro. Comunque, tanti auguri e buon ascolto.

Iniziamo come sempre da vecchie hit

Ma avevano avuto successo anche con questa

Cambiamo registro: altro bravo chitarrista

Ancora una volta

Il figlio d’arte … bravino

Un bel mix di rock e musica tradizionale

Auguri

Sudditi

14 Luglio 2017 da Emilio Conti

Sperando che Massimo Fini non mi quereli per aver usato per il titolo del post quello di un suo libro, scrivo queste note per dimostrare, ancora una volta, come il nostro Stato (qui inteso come l’insieme degli enti pubblici territoriali) escogiti procedure per metterlo, mi scuso per il francesismo, in quel posto al cittadino.

Ebbene, finalmente anche il sottoscritto è stato beccato, prima volta in vita sua, da un velox e multato di conseguenza. Veramente non di velox si tratta ma di “tutor”: quello di Torrevecchia Pia  (pare già oggetto di scatenamento da parte di un’associazione dei consumatori, almeno a mia conoscenza).  Riporto parte del verbale: “(…) L’infrazione è stata commessa nel Comune di Torrevecchia Pia in data 01/04/2017 alle ore 15:59:31.418 nel tratto avente lunghezza 1,422 km che è stato percorso in un tempo di 65,652 secondi (pari a 0,01823667 ore)1 e che termina (…). Il veicolo indicato percorreva il tratto di strada sottoposta al limite massimo di 70 km/h procedendo ad una velocità media di 77 km/h; al predetto valore, risultante dalle prove fotografiche, viene detratta la tolleranza a favore del trasgressore del 5% con un minimo di 5 km/h. Il valore risultante di 72 km/h supera il limite massimo consentito di 2 km/h.

La prima cosa che salta all’occhio, almeno per me, è che i tempi riportano anche i millesimi di secondo, come se si trattasse di una corsa in cui, per determinare il vincitore siano necessari anche i millesimi di secondo: un’assurdità! Secondariamente e, sempre per me stranamente, lo sforamento del limite di velocità e di 2 km/h, come nel caso delle due multe di mia figlia e quella del figlio di un mio amico in quel caso rilevate a Belgioioso (sarebbe interessante sapere se la ditta del tutor è la stessa del velox di Belgioioso).

Ma la vera presa per i fondelli viene dopo. Nel mio caso l’ammenda ammonta a 41,00 euro più 18 euro di spese procedurali2 (alla facciazza) per un totale di 59,00 euro. Il verbale mi segnala che ho 60 giorni di tempo per pagare l’ammenda e che lo posso fare anche con bonifico bancario: e uno dice “Però finalmente si sono adeguati ai tempi moderni”. Ma c’è il trucco. Proseguendo si legge “Ai sensi dell’art. 20 del D.L.vo 69/2013 è ammesso il pagamento in misura ulteriormente ridotta del 30% della sola sanzione3 pari a (…) entro 5 giorni dalla notifica.

Due trappole in una sola frase: 1 i cinque giorni quali sono? Non viene specificato. Perché? Perché la maggior parte delle persone normali, trattandosi di pagamenti consentiti pure con bonifico bancario, pensa a giorni lavorativi. Errore, sono giorni di calendario il che vuol dire che bisogna stare molto attenti alle domeniche e, più pericoloso ancora, alle feste infrasettimanali. E se si sbaglia sono guai. 2 i cinque giorni iniziano dalla data di notifica!

E qui che viene la parte migliore! Martedì 11 luglio sono dovuto tornare dalla montagna per alcune commissioni e trovo l’avviso di giacenza, datato 1 luglio, presso il locale ufficio postale di una raccomandata A.R. che vado immediatamente a ritirare. Si tratta, come avrete ben capito, della contravvenzione di cui sto parlando. Ovviamente l’ufficio postale mi rilascia la distinta di consegna con data e ora del ritiro. La domanda che immediatamente mi pongo è: ma per data di notifica si intende quando viene ritirata la missiva oppure quando il postino ha lasciato l’avviso di giacenza? Chiedo a chi di dovere e la risposta è raggelante: per data di notifica si intende quella in cui il postino ha lasciato l’avviso.

Ora, sarà un caso che queste raccomandate arrivino nel periodo estivo (pure le due di mia figlia) quando molte persone sono in ferie così da non permettere di pagare con lo sconto del 30%? E chi è via per lavoro o è ricoverato in ospedale e non ha nessuno che gli controlli la posta? Tutto studiato ad arte!

Pensate sia finita? Col cavolo. Appurato che ormai non posso più usufruire dello sconto mi accorgo che l’infrazione è stata commessa il primo aprile, dal momento che per essere valida la notifica deve essere recapitata entro 90 giorni (sempre di calendario) dall’infrazione, mi metto a contare (si deve escludere dal conteggio  il giorno in cui l’infrazione è avvenuta): 29 giorni di aprile, 31 di maggio e 30 di giugno totale 90 giorni, quindi il 1 luglio risulta essere il 91° e quindi la contravvenzione si può non pagare facendo ricorso al Prefetto o Giudice di Pace. Ma se si ricorre al Giudice di Pace occorre pagare anticipatamente il c.d. “contributo unificato” che ammonta a 43,00 euro! Ne vale la pena per ammende basse? Ovvio che no. Mentre se ci si rivolge al Prefetto e quello vi dà torto vi raddoppia pure, minimo, l’ammenda.

Perché invece non prevedere di andare direttamente presso l’ufficio della Polizia locale dimostrare quanto dovuto e, se si ha ragione, farsi cancellare multa e verbale? Perché sarebbe troppo semplice, da paese civile che tutela i diritti dei propri CITTADINI. Invece nella bella Italia lo scopo è di farti pagare rendendoti antieconomico qualsiasi ricorso.

Ricapitolando:

  • i cinque giorni sono di calendario, se ti confondi sono cavoli;
  • la data cui partono i 5 giorni è quella della notifica, se non sei a casa sono cavoli tuoi;
  • i ricorsi per piccoli importi vengono ostacolati.

Benvenuti nella patria del diritto.

 

  1. E chi se ne frega? []
  2. Le spese procedurali sono “giustamente determinate” dalla Giunta comunale, la quale un domani potrebbe anche “determinare giustamente” le stesse per importi ben maggiori in dipendenza dalle finanze del Comune []
  3. E quindi NON delle spese procedurali []

Ridateci i Borboni

13 Aprile 2017 da Emilio Conti

L’Italia, la sedicente Repubblica fondata sul (non) lavoro, sarebbe anche uno stato di diritto cioè a dire “democratico”. Ma siamo proprio sicuri? Leggete quanto mi sta capitando.

Il 22 novembre 2010 trovo un avviso per il ritiro di una raccomandata che effettuo quattro giorni dopo, il 26 novembre 2010. La raccomandata è stata spedita dall’Agenzia delle Entrate che mi richiede il pagamento di 538,35 (cinquecentotrentotto/35) euro inerenti al TFR (vedi qui) con allegato bello e pronto il relativo modulo di pagamento (F24). Stupito, anche per la tempistica dell’invio, siamo sotto Natale, mi chiedo di cosa possa trattarsi dal momento che l’istituto di credito presso cui avevo lavorato era di una precisione, per ciò che concerne le tasse, svizzera.

Per fugare il dubbio mi reco presso gli uffici di Corteolona, tra i cui dipendenti c’erano alcuni clienti della mia banca, per avere delucidazioni. L’incaricato, che conoscevo, mi spiega nel dettaglio il motivo del pagamento e, andando a verificare la mia posizione contributiva, mi dà una bella notizia: risulta che ho un credito da riscuotere di 726,73 (settecentoventisei/73) euro non comprensivi degli interessi, inerenti ai redditi del 2006. E già qui uno potrebbe chiedersi: ma se mi devi 700 euro e io te ne devo dare 500 dammene 200 e siamo a posto. Troppo facile, e poi scoprirete il perché. Ad ogni modo esco dagli uffici pure contento sia per la spiegazione che per l’inaspettata notizia. Il 20 dicembre eseguo il pagamento dei 538,35 euro (vedi ricevuta).

L’anno successivo, il 2011, passa senza che nessun rimborso mi venga assegnato. Nella primavera dell’anno dopo, 2012, mi reco di nuovo presso gli uffici di Corteolona per informarmi di che fine abbiano fatto i miei soldi. Il solito impiegato richiede la mia posizione contributiva e mi conferma il credito. Chiedo allora il motivo per cui quell’importo non mi era stato ancora liquidato e con stupore scopro che quel credito non è a rimborso automatico, ma occorre fare domanda. Scoprendo dunque che per il fisco italiano esistono due regimi per i rimborsi, mi faccio dare il modulo per la richiesta di rimborso che consegno il 26 settembre di quell’anno. Al momento della consegna della domanda l’impiegata che la deve protocollare (vedi domanda e ricevuta di protocollo) richiede sempre la mia posizione contributiva e, stupore, salta fuori che ho un altro credito di imposta di 612,75 (seicentododici/75) euro inerenti ai redditi del 2008! Chiedo subito il modulo per la richiesta di rimborso anche di questi, ma l’impiegata mi informa che per questi è probabile il rimborso automatico e di aspettare.

Faccio passare tutto il 2013 e, non solo non vedo un euro del secondo rimborso, ma neanche di quello del primo. Quindi il 25 novembre del 2014 presento domanda di rimborso anche per per i 600 e rotti euro (vedi qui). Passa il 2015 e nulla succede. Passa il 2016 e ancora niente. All’inizio di quest’anno faccio, tramite il sito dell’Agenzia delle Entrate www.agenziaentrate.gov.it, un interrogazione della mia posizione contributiva per controllare se i rimborsi sono in liquidazione, ma scopro che entrambi non lo sono ancora (vedi qui).

“Leggermente alterato”, visti gli anni trascorsi senza che sia riuscito a cavare un ragno dal buco, mi reco immediatamente presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate di Stradella (dal primo gennaio 2017 gli uffici di Corteolona sono stati chiusi). Non trovo molte persone e, dopo pochi minuti di attesa, vado allo sportello e chiedo il motivo del mancato rimborso. L’impiegata mi risponde che i miei crediti risultano bloccati e alla mia richiesta di conoscerne il motivo, dopo una breve telefonata, mi indirizza ad un ufficio interno. Mi presento e scopro che l’incaricata è la stessa signora che ha seguito tutto il mio iter a Corteolona la quale, piuttosto imbarazzata, mi spiega che il blocco è dovuto proprio al fatto del trasferimento delle pratiche da Corteolona a Stradella. Mi promette che terrà in evidenza la mia pratica che sottoporrà al più presto al direttore. Mi chiarisce, però, che per i rimborsi tutto dipenderà dal budget disponibile! Mi assicura, ad ogni modo, che farà il possibile affinché i rimborsi  avvengano alla scadenza di giugno oppure a settembre di quest’anno. Quindi, ancora nessuna certezza.

Questa vicenda mette in evidenza, ed è questo il motivo per cui ho deciso di pubblicare questa storia, tre fatti per me gravissimi. Innanzitutto, cosa sarebbe successo dei miei crediti se non avessi ricevuto la richiesta di pagamento e non avessi approfondito il motivo di quel pagamento? Da ciò consegue un’altra domanda: quante altre persone potrebbero trovarsi nella mia stessa situazione ma essere completamente all’oscuro di vantare crediti con l’erario? Secondariamente quanti, dei non addetti ai lavori, sono a conoscenza dei due regimi di rimborso: automatico e su richiesta? E infine, com’è possibile sentirsi rispondere che ti rimborseranno i tuoi soldi se il loro budget lo permetterà? Quando un cittadino deve pagare ha soltanto trenta giorni per opporre un eventuale reclamo, ma poi non ci sono santi che tengano, deve pagare e non può obiettare “Scusate, vedo se il mio budget me lo permette, altrimenti ti pagherò l’anno prossimo o l’altro ancora o più avanti, magari tra dieci anni”. Stiamo scherzando?

Ma in che Stato siamo ridotti? Vi sembra possibile che nell’anno del signore 2017 si possano verificare situazioni simili? Stiamo parlando di redditi del 2006 (UNDICI ANNI FA) e del 2008 (NOVE ANNI FA)!

Märiètä lä jäc’munä

26 Marzo 2017 da Emilio Conti

Vorrei ricordare, in questo post, parlando di alcuni componenti della mia famiglia e in modo particolare di mia nonna, di una strana consuetudine in voga nel paesello, ma non solo, parecchio tempo fa.

Ebbene, diversi anni fa non si era soliti chiamare le persone per nome e cognome, per cognome si chiamavano solamente le persone particolarmente in vista, ma con il solo nome e neanche quello esatto: o con un nome completamente diverso da quello di battesimo oppure con il corrispondente “vezzettativ-diminutivo o accrescitivo”. Esempi del primo caso sono i nomi affibbiati a una mia zia e a mia madre. La prima, che era stata battezzata Rosina, veniva da tutti, famigliari compresi, chiamata Palma. Perché? Perché era nata la domenica delle Palme. E, naturalmente, festeggiata in quel giorno … Rosina era sparito completamente e Palma è rimasto fino alla morte. Mia madre, invece, battezzata Giuseppina era chiamata da tutti, sempre famigliari compresi, Rita e festeggiata il 22 maggio.

Solitamente però i nomi di battesimo, e questo accade ancora oggi anche se in misura molto minore, venivano modificati. Altro esempio in famiglia, mio padre battezzato Luigi che è diventato Ginetto (secondo la seguente procedura: Luigi, Luigino, Gino, Ginetto) in dialetto Ginètu. In questi casi però c’era la possibilità, piuttosto frequente, che di Ginètu ce ne fossero diversi per cui era necessario affiancargli un identificativo per essere certi che ci si riferisse proprio a quel Ginètu: nel caso di mio padre l’identificativo era “äl murnè”.

Stessa sorte capitata a mia nonna, da cui il titolo del post. Nata come Maria il nome era stato subito modificato in Marietta, nel nostro dialetto Märiètä. E anche nel suo caso, visto che il nome Maria (Marietta) era frequentissimo, fu necessario affiancargli un identificativo che era “lä jäc’munä”. Ma che cavolo vuol dire, vi starete chiedendo? Ed è quello che per un certo tempo mi son chiesto anch’io, perché “murnè”1 era abbastanza semplice, ma “jäc’munä” era ostrogoto. E questa parola ha continuato a ronzarmi nel cervello per parecchio tempo: non era una parolaccia (come capitava per altri brüsacrist a cui erano stati affibbiati degli identificativi piuttosto volgari) perché veniva chiamata così anche in famiglia. E allora? Cosa mai significava quel “jäc’munä”? Non venendone a capo decisi infine di chiederlo a mia madre.

Il padre della Märiètä, mio bisnonno, si chiamava Giacomo che nel dialetto del tempo (che secondo me andrebbe recuperato) non era, come si potrebbe pensare oggi, Giacum (che è un’italianizzazione) ma Jacäm (sembra un nome biblico 😯 )! Lo Jacäm, inoltre, era anche un uomo di una certa stazza, non mi è dato sapere se perché fosse un armadio o perché affetto da abbondante pinguedine, per cui Jacäm si era trasformato in Jäc’mòn (Giacomone). Da qui il passo è semplice e abbastanza intuitivo: Märiètä lä jäc’munä,2 dunque, era “Maria figlia di Giacomo il grosso” e non la si poteva confondere con nessun’altra Märiètä. 😀

  1. Mugnaio []
  2. Che nell’antico dialetto si adottasse una regola per i nomi in voga nei paese slavi? 😛 []

Cornuti e mazziati

7 Marzo 2017 da bsìa

Ma perché? Io me ne volevo stare beato e tranquillo, ma in questo cazzo di paese, pardon città, non ce la si può fare! Allora, questa mattina, ebbene sì anch’io sono finalmente in pensione, sfogliavo la stampa locale mentre facevo colazione e di colpo il the mi è andato di traverso. 👿 

Notiziona: “Tari, troppi evasori tassa “spalmata” su tutti i contribuenti”.1 Ma che bella notizia, ottima direi per iniziare la giornata! Vediamo se ho capito bene: in “città” ci sarebbero un frego di evasori della Tari e quelli che non la evadono devono pagare anche per questi? Apperò! Geniale. 👿 Ora, io non sono del campo, e quindi mi rivolgo al boss, ma come cazzo si fa a evadere, e pure in massa, la tassa sui rifiuti? La tassa la devono pagare TUTTI i residenti e allora come può esserci evasione? Tuttalpiù ci saranno delle persone che non la pagano, nel qual caso basterebbe andare all’Ufficio Anagrafe farsi dare l’elenco dei residenti e verificare chi non paga. Ma che cazzo c’entra l’evasione?

Ma siamo alla solita presa per il culo. Basta andare avanti a leggere le strepitose dichiarazioni dell’illuminato per esserne certi. “Una normativa nazionale prevede che la cifra evasa venga recuperata l’anno seguente con un incremento della tassazione”. A sì? Non che devi darti da fare a recuperare l’evasione, semplicemente basta inculare i soliti deficienti che le tasse le pagano! Bravi (ammesso che sia vero). 👿 

Poi tira fuori una new entry: i sottoservizi che andrebbero tassati. Voi ne sapete niente? Dei sottoservizi, intendo. E per concludere in bellezza  veniamo informati che hanno risparmiato sul costo del personale. A sì? E come? 🙄 Gli hanno ridotto lo stipendio? Hanno eliminato fisicamente qualcuno? Ma appena dopo ci dice, l’illuminato, che verranno assunte tre persone.

Ma possibile che in questo cazzo di paese, pardon città, ci sia ancora qualcuno che crede a queste stronzate? Giornata rovinata, andate tutti affanculo! 👿 

  1. La Provincia PAVESE – 7.03.2017 – pag. 18 []

Menà un orb a …

4 Marzo 2017 da bsìa

Il proverbio originale recita “Menà un orb a Ruma1 ma, stando alla stampa locale, qui il cieco, o forse sarebbe meglio dire i ciechi, li portano al giardino di villa Trespi.

Titolone:Belgioioso, parco per i non vedenti2 dove veniamo informati che presto, anzi prestissimo, nel parco della suddetta villa verranno attrezzati percorsi appositi per i non o ipovedenti. Il tutto, ça va sans dire, a costo zero per noi poveri pirla belgioiosini ma tutto a carico del Rotary di Sant’Angelo Lodigiano-Belgioioso, insomma: la solita brioche gettata dai nobili alla plebe.

 E vuoi che l’articolo non contenga la solita bella minchiata? Infatti, questa “monumentale” infrastruttura sarà donata”alla città di Belgioioso“. Alla città di Belgioioso? Un bel cazzo: sarà donata ad un privato, punto.

Però, siamo onesti e sinceri, una volta tanto, con la schiera di gente dotata di bastoni, occhiali neri e cani guida che vediamo aggirarsi per il paesello un’opera simile era imprescindibile.3

Leggo che il precorso verrà dotato di cordoni e pannelli con scritte in braille. Ottimo! Poi però vorrei sapere se installeranno anche dei segnalatori acustici per avvertire i ciechi delle merde di cane che potrebbero incontrare sul loro cammino. Come? Ah, perché non lo sapete? 😯 Non sapete che il parco di villa Trespi è diventato un ritrovo per proprietari di cani che non sanno dove portare i loro amorevoli amici a quattro zampe se non proprio lì? 👿 E il famosissimo parco costruito apposta qualche anno fa allo scopo che fine ha fatto? E’ talmente pieno di merda che adesso bisogna traslocare? 👿 

Con tutto il rispetto per i veri ciechi, bisognerebbe fare qualcosa anche per gli altri, quelli del vecchio adagio: “Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere“.

  1. Condurre un cieco a Roma []
  2. La Provincia PAVESE – 3/03/2017 – pag. 21 []
  3. Mi scuso anticipatamente con i ciechi: questa non è una presa in giro nei loro confronti. []

Che fine faremo?

8 Gennaio 2017 da Emilio Conti

Chi, tra quelli della mia generazione, non ha mai frequentato assiduamente o saltuariamente la mitica pizzeria Tam-Tam di Ugo (Borsa)? Credo ben pochi. La compagnia di cui facevo parte era una di quelle che nella pizzeria ci aveva messo le radici. In estate fuori sul terrazzo a goderci la frescura e a gustarci un cornetto o una coppa Algida e sul tardi, molto spesso, anche una bella pizza. All’epoca una pizza a mezzanotte non ci faceva certo svegliare il mattino dopo con un “cerchione” alla testa e la bocca “impastata”, o ci faceva aumentare di peso: avevamo un metabolismo più veloce di una Ferrari, si smaltivano pure i sassi. In inverno, oltre alle serate, diventava, alla domenica, meta per una bella cioccolata calda dopo il cinema pomeridiano.

Nella brutta stagione, data l’impossibilità di stazionare in terrazza, passavamo le serate all’interno ascoltando il jukebox (gettonatissimi Lucio Battisti e la scandalosa e peccaminosa “Je t’aime moi non plus” 😳 ) e giocando a carte. Tra i giochi di carte più in voga “ciapa no” (tressette a non prendere), scopa d’assi, scala quaranta e poker. Ecco, il poker: per giocarlo e renderlo interessante è inevitabile fare delle puntate e le nostre erano di un minimo di 5 lire fino a una puntata massima di 50 (tradotti in euro da un quarto di centesimo fino a 2 centesimi e mezzo). Ebbene, quando si decideva di giocare a poker ci spostavamo in un tavolo il più lontano possibile dall’entrata della pizzeria e questo per un motivo molto semplice: se fossero entrati i “caramba”, perché all’epoca i carabinieri giravano eccome, e ci avessero pizzicati a giocare saremmo finiti nei guai noi che giocavamo, ma, soprattutto, il povero Ugo che ci aveva permesso di farlo: si trattava, infatti, di gioco d’azzardo. Distanti dall’ingrasso, invece, avevamo tutto il tempo, nel caso d’ingresso dei tutori dell’ordine, per far sparire le “fiches” e trasformarci in un decimo di secondo in innocenti giocatori di scala quaranta.

Questo ricordo mi è balzato alla mente ieri sera quando, facendo zapping, mi sono imbattuto in ben tre canali che contemporaneamente stavano trasmettendo la pubblicità dei giochi on-line. E’ passato quasi mezzo secolo da quelle serate in cui giocavi a poker con un po’ di trepidazione e adesso ti guardi in giro e vedi pubblicità a raffica per i giochi on-line, sale giochi sparse un po’ dovunque e i bar trasformati in mini-casinò stracolmi di slot-machine.

E sì, signora mia, i tempi son proprio cambiati! Prima rischiavi la fedina penale per 50 lire, mentre adesso imperversa la ludopatia. Sono conquiste.