Ridateci i Borboni
13 Aprile 2017 da Emilio ContiL’Italia, la sedicente Repubblica fondata sul (non) lavoro, sarebbe anche uno stato di diritto cioè a dire “democratico”. Ma siamo proprio sicuri? Leggete quanto mi sta capitando.
Il 22 novembre 2010 trovo un avviso per il ritiro di una raccomandata che effettuo quattro giorni dopo, il 26 novembre 2010. La raccomandata è stata spedita dall’Agenzia delle Entrate che mi richiede il pagamento di 538,35 (cinquecentotrentotto/35) euro inerenti al TFR (vedi qui) con allegato bello e pronto il relativo modulo di pagamento (F24). Stupito, anche per la tempistica dell’invio, siamo sotto Natale, mi chiedo di cosa possa trattarsi dal momento che l’istituto di credito presso cui avevo lavorato era di una precisione, per ciò che concerne le tasse, svizzera.
Per fugare il dubbio mi reco presso gli uffici di Corteolona, tra i cui dipendenti c’erano alcuni clienti della mia banca, per avere delucidazioni. L’incaricato, che conoscevo, mi spiega nel dettaglio il motivo del pagamento e, andando a verificare la mia posizione contributiva, mi dà una bella notizia: risulta che ho un credito da riscuotere di 726,73 (settecentoventisei/73) euro non comprensivi degli interessi, inerenti ai redditi del 2006. E già qui uno potrebbe chiedersi: ma se mi devi 700 euro e io te ne devo dare 500 dammene 200 e siamo a posto. Troppo facile, e poi scoprirete il perché. Ad ogni modo esco dagli uffici pure contento sia per la spiegazione che per l’inaspettata notizia. Il 20 dicembre eseguo il pagamento dei 538,35 euro (vedi ricevuta).
L’anno successivo, il 2011, passa senza che nessun rimborso mi venga assegnato. Nella primavera dell’anno dopo, 2012, mi reco di nuovo presso gli uffici di Corteolona per informarmi di che fine abbiano fatto i miei soldi. Il solito impiegato richiede la mia posizione contributiva e mi conferma il credito. Chiedo allora il motivo per cui quell’importo non mi era stato ancora liquidato e con stupore scopro che quel credito non è a rimborso automatico, ma occorre fare domanda. Scoprendo dunque che per il fisco italiano esistono due regimi per i rimborsi, mi faccio dare il modulo per la richiesta di rimborso che consegno il 26 settembre di quell’anno. Al momento della consegna della domanda l’impiegata che la deve protocollare (vedi domanda e ricevuta di protocollo) richiede sempre la mia posizione contributiva e, stupore, salta fuori che ho un altro credito di imposta di 612,75 (seicentododici/75) euro inerenti ai redditi del 2008! Chiedo subito il modulo per la richiesta di rimborso anche di questi, ma l’impiegata mi informa che per questi è probabile il rimborso automatico e di aspettare.
Faccio passare tutto il 2013 e, non solo non vedo un euro del secondo rimborso, ma neanche di quello del primo. Quindi il 25 novembre del 2014 presento domanda di rimborso anche per per i 600 e rotti euro (vedi qui). Passa il 2015 e nulla succede. Passa il 2016 e ancora niente. All’inizio di quest’anno faccio, tramite il sito dell’Agenzia delle Entrate www.agenziaentrate.gov.it, un interrogazione della mia posizione contributiva per controllare se i rimborsi sono in liquidazione, ma scopro che entrambi non lo sono ancora (vedi qui).
“Leggermente alterato”, visti gli anni trascorsi senza che sia riuscito a cavare un ragno dal buco, mi reco immediatamente presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate di Stradella (dal primo gennaio 2017 gli uffici di Corteolona sono stati chiusi). Non trovo molte persone e, dopo pochi minuti di attesa, vado allo sportello e chiedo il motivo del mancato rimborso. L’impiegata mi risponde che i miei crediti risultano bloccati e alla mia richiesta di conoscerne il motivo, dopo una breve telefonata, mi indirizza ad un ufficio interno. Mi presento e scopro che l’incaricata è la stessa signora che ha seguito tutto il mio iter a Corteolona la quale, piuttosto imbarazzata, mi spiega che il blocco è dovuto proprio al fatto del trasferimento delle pratiche da Corteolona a Stradella. Mi promette che terrà in evidenza la mia pratica che sottoporrà al più presto al direttore. Mi chiarisce, però, che per i rimborsi tutto dipenderà dal budget disponibile! Mi assicura, ad ogni modo, che farà il possibile affinché i rimborsi avvengano alla scadenza di giugno oppure a settembre di quest’anno. Quindi, ancora nessuna certezza.
Questa vicenda mette in evidenza, ed è questo il motivo per cui ho deciso di pubblicare questa storia, tre fatti per me gravissimi. Innanzitutto, cosa sarebbe successo dei miei crediti se non avessi ricevuto la richiesta di pagamento e non avessi approfondito il motivo di quel pagamento? Da ciò consegue un’altra domanda: quante altre persone potrebbero trovarsi nella mia stessa situazione ma essere completamente all’oscuro di vantare crediti con l’erario? Secondariamente quanti, dei non addetti ai lavori, sono a conoscenza dei due regimi di rimborso: automatico e su richiesta? E infine, com’è possibile sentirsi rispondere che ti rimborseranno i tuoi soldi se il loro budget lo permetterà? Quando un cittadino deve pagare ha soltanto trenta giorni per opporre un eventuale reclamo, ma poi non ci sono santi che tengano, deve pagare e non può obiettare “Scusate, vedo se il mio budget me lo permette, altrimenti ti pagherò l’anno prossimo o l’altro ancora o più avanti, magari tra dieci anni”. Stiamo scherzando?
Ma in che Stato siamo ridotti? Vi sembra possibile che nell’anno del signore 2017 si possano verificare situazioni simili? Stiamo parlando di redditi del 2006 (UNDICI ANNI FA) e del 2008 (NOVE ANNI FA)!