Facendo un parallelo con una realtà che tutti tocchiamo con mano, possiamo pensare al Bilancio di previsione un Comune come al bilancio di previsione una qualsiasi famiglia. Perché i due concetti sono quasi perfettamente sovrapponibili.
Facciamo un esempio concreto: una famiglia, a fronte di una previsione di entrate derivante da uno stipendio, terrà conto innanzitutto del cibo, dei vestiti, delle spese per le bollette del telefono, della luce, del gas e dell’acqua, delle spese per la casa (o dell’affitto), delle spese per la benzina per l’auto, per le tasse, i bolli e le assicurazioni, delle spese scolastiche, delle spese mediche, del rimborso dei prestiti eventualmente contratti.
Tolte tutte queste spese, quello che rimane è il risparmio che la famiglia potrà dedicare agli investimenti: acquisto della casa, interventi di ristrutturazione della casa stessa, acquisto di una nuova automobile, acquisto di titoli (obbligazioni, azioni), rinnovo degli elettrodomestici, ecc.
Inoltre, se non dovesse bastare il risparmio accantonato per fare gli investimenti (beni durevoli), una normale famiglia, come si sa, ricorre a mutui (debito di lunga durata) o a prestiti (debito di breve durata), oppure, quando deve fare delle scelte per il futuro (ad esempio: iscrivere un figlio all’Università), la famiglia sa che dovrà tener conto delle spese che sosterrà negli anni successivi, e che queste scelte andranno inevitabilmente ad incidere sulla quota di reddito disponibile.
Si intuisce quindi che ogni scelta (decisione) di spesa influenza le altre: chi sceglie di spendere di più per le spese correnti (servizi e beni di consumo) avrà certamente un tenore di vita più alto, ma di sicuro avrà meno soldi a disposizione per fare degli investimenti (beni durevoli).
Chi deciderà invece di spendere di più per beni durevoli (fare degli investimenti) avrà ovviamente meno risorse a disposizione per le spese in sevizi e beni di consumo (spese correnti). Così un investimento (spesa per bene durevole) che comporta una spesa rilevante potrà escluderne un altro e così via.
In questo modo opera una famiglia normale, e così dovrebbe operare il Comune. Il Comune però ha un’arma in più della famiglia, perché può in qualche misura variare il livello delle proprie Entrate, e lo può fare modificando le aliquote fiscali e/o le tariffe dei servizi che il Comune eroga. Nel fare questo, visto che queste scelte impattano sui cittadini, l’Amministrazione comunale dovrebbe tenere conto di criteri di equità del prelievo e di tariffazione. Le scelte effettuate in questo senso vengono definite “politica fiscale e tariffaria”.
Sulla base della propria politica fiscale e tariffaria, dei trasferimenti statali che la Legge finanziaria destina ai Comuni, e in relazione alle previsioni delle altre Entrate, la Giunta formula una previsione delle Entrate complessive sapendo che, per prima cosa, queste somme dovranno coprire le Spese correnti per la gestione dei servizi e gli interessi per il rimborso dei mutui.
Le entrate vincolate, i mutui e le entrate non assorbite dalle spese correnti andranno poi a finanziare (pagare) gli investimenti.
Il Comune inoltre sa che ogni anno servono interventi per la manutenzione delle strade, per le scuole, per il verde, per l’illuminazione stradale, ecc. e, come tutte le famiglie, il Comune è sottoposto alla pressione dell’aumento dei costi dei beni e dei servizi. Molte delle risorse a disposizione tendono invece a diminuire, come gli interventi dello Stato, o non crescono a sufficienza. Quindi anche l’Amministrazione comunale deve operare tenendo conto di questi molteplici aspetti.
Con questo post si chiude il ciclo dedicato specificatamente al Bilancio di previsione di un Comune. Abbiamo comunque in programma di predisporre altri post sempre inerenti all’attività dei Comuni, come ad esempio, il Patto di stabilità, i Derivati, il Conto Consuntivo e altro ancora. Quindi, a presto.