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Sindaco agricoltore: “fitàul”

9 Novembre 2009 da sgur_di_tri

Eccoci di fronte all’ennesimo annuncio del Sindaco di Belgioioso, che, in questo caso, riguarda un progetto per produrre riso Carnaroli nel Basso Pavese, con  un proprio marchio di qualità. Progetto, a quanto sembra, ben accolto dai produttori di riso; ecco quindi il Sindaco agricoltore (“fitàul”) che si mette alla loro testa per guidarli nell’ardita impresa di dare vita ad un riso dop: perciò li consiglia affinché dedichino in via sperimentale una parte dei loro terreni per la coltivazione di un Carnaroli tipico – a cui assegnare il marchio del Consorzio Terre Viscontee del Basso Pavese – e poi via alla produzione e alla commercializzazione del riso marchiato a nuovo (perché ha già pensato anche a questo).

Storicamente i Consorzi sono nati per tutelare i prodotti tipici e storici di una certa zona, come logica risposta alla concorrenza sleale (vedi ad esempio, il Consorzio per la tutela del Salame di Varzi, il Consorzio della Mortadella di Bologna, Consorzio tutela Vini dell’Oltrepo Pavese, ecc.). In altre parole, i produttori di una specialità tipica, che prima agivano isolatamente, ad un certo momento decidono di unirsi perché da soli non ce la farebbero a sostenere l’urto di azioni scorrette, quindi si consorziano per difendere l’originalità del loro prodotto, creando un marchio che lo identifichi e lo garantisca da imitazioni.

Dalla lettura dell’articolo invece, sembrerebbe che si voglia andare controcorrente: si è partiti dal già esistente Consorzio del Basso Pavese, e poi si è individuato un prodotto di zona (in questo caso il riso Carnaroli) a cui verrebbe incollato il marchio del Consorzio. Sarebbe decisamente un approccio nuovo: prima il Consorzio e poi il prodotto. Dobbiamo dunque prepararci ad avere in un prossimo futuro il riso Carnaroli della Bassa Pavese, e poi anche il salame delle Terre Viscontee, o chissà che altro?

Un ultimo dubbio: non è che poi vedremo aumentare i prezzi dei prodotti marchiati a nuovo? Speriamo di proprio di no.

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Colgo l’occasione per segnalarvi un servizio della trasmissione Report di Rai Tre, che ritengo possa aiutarci a scegliere cosa portare in tavola al di là dei marchi di qualsiasi tipo o colore, “Mangia che ti passa” con l’oncologo Prof. Franco Berrino dell’Istituto Nazionale Tumori – Servizio andato in onda il 15.03.2009.


Crocefisso delle mie brame

8 Novembre 2009 da Emilio Conti

“Il crocefisso è un simbolo religioso su cui meditare nel raccoglimento della propria preghiera personale e comunitaria. Come simbolo (improprio) della identità e della cultura nazionale esso viene usato strumentalmente da tutta la destra miscredente (quella degli atei devoti e di quelli che adorano il Dio Po) e da quella cristiana fondamentalista.”

Comunicato di Noi siamo chiesa.

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Ieri, per la prima volta da quando è nato questo blog, ho dovuto chiedere a bsìa di rinunciare a un suo post. Non che fosse più “irriguardoso/volgare” del solito, ma, trattando della questione “crocefisso”, ho pensato che l’argomento andasse  gestito con una certa dose di moderazione solo per rispetto dei veri cattolici. A tale riguardo ringrazio bsìa per aver compreso il mio punto di vista e per aver rinunciato alla pubblicazione. Penso che il comunicato all’inizio del post riassuma in modo magistrale quale dovrebbe essere il giusto atteggiamento sulla vicenda.

Non di meno ho il dovere di aggiungere qualche considerazione. L’indegna gazzarra politica (e sottolineo “politica”) seguita alla sentenza della Corte europea dei diritti si può spiegare con una sola parola: IGNORANZA! In parte si tratta di finta ignoranza che sfocia in atteggiamenti sguaiati con l’unico fine (peloso) di guadagnare consensi.  Un esimio rappresentante di questa categoria è il nostro presidente del Consiglio, esempio preclaro di persona adusa a seguire i precetti e la morale della Chiesa, che ha affermato che “le sentenze di quella corte non sono coercitive”. Per accorgersi che sia una balla colossale basterebbe controllare sul sito della Corte europea dei Diritti  dell’Uomo e leggere bene  i punti 30 e 31. Ma il nostro “premier” ha altro a cui pensare che informarsi.

Dall’altra ci sono i veri ignoranti (nel senso che “non sono a conoscenza”). Uno di questi è stato il signore che ha scatenato l’ira di bsìa con una lettera apparsa ieri nella rubrica LA VOCE DEI LETTORI de La Provincia PAVESE, nella quale l'”esimio cattolico” afferma testualmente: “Trovo assurdo che a fare ricorso sia stata una cittadina finlandese (…)”. Caro “cattolico” lei è ignorante perché non sa (o finge?) che la signora di cui lei parla NON è cittadina finlandese, ma ITALIANA. Lei NON sa (o finge?) che il marito della signora è italianissimo e l’ha sempre sostenuta nella sua battaglia contro quello che lei, con sprezzo della religione, chiama “simbolo delle nostre tradizioni e della nostra cultura”. Ovviamente la sua cultura la porta a dire che ricorrere per veder tutelato un proprio diritto è ASSURDO! Sappia che questa “cultura” ha un nome.

Va notato, inoltre, che nell’indegno guazzabuglio scatenatosi non ci sia stato nessuno che si sia chiesto: “Ma perché siamo arrivati a questo punto? Al punto di dover ricorre al tribunale europeo per veder riconosciuto un diritto?”. Su questo ci ritornerò/emo.

P.S. Ho notato, sempre con sommo piacere, che nella succitata rubrica del quotidiano non è ancora apparsa una sola lettera che condivida la sentenza della Corte europea. Ovviamente sarà perché nessuno ne ha scritta una! 👿

Influenza suina?

7 Novembre 2009 da bsìa

maiale

Belgioioso è vivo: la Tangenziale e il Comitato 2020

6 Novembre 2009 da sgur_di_tri

Belgioioso ormai è una presenza pressoché costante sulla stampa locale e difficilmente passa giorno che non venga  annunciato qualcosa di nuovo (l’inaugurazione di una mostra, di un restauro, ecc.). Nei giorni scorsi abbiamo rilevato due annunci abbastanza interessanti: “Promessa di Poma: sì alla tangenziale del Basso Pavese” “Il Comitato Belgioioso 2020”, sui quali mi soffermerei per una breve riflessione.

“Promessa di Poma: sì alla tangenziale del Basso Pavese”

In questo annuncio si parla di un progetto dell’Amministrazione Provinciale guidata dal Dr. Poma che prevede (se ho capito bene) una risistemazione complessiva della viabilità del Basso Pavese, da realizzarsi a lotti, secondo un piano lavori che segue un percorso definito. Si inizierebbe da Santa Cristina, per arrivare al bivio di Zagonara superando Corteolona, da lì si proseguirebbe fin verso Filighera superando l’abitato di Belgioioso, per congiungersi, alla Rotonda della Zona Artigianale, con la strada per Pavia. In tal modo la tangenziale di Belgioioso si integrerebbe in maniera funzionale con le altre opere. Il completamento dei lavori sarebbe previsto entro i prossimi cinque anni e il tratto che interessa Belgioioso farebbe parte dell’ultimo lotto.

Ma a questo punto mi chiedo: qual è il ruolo assegnato al Comune di Belgioioso in questo progetto? E poi: se la tangenziale risulta essere una priorità, perché non si inizia da Belgioioso, dal momento che Santa Cristina, bene o male, una tangenziale ce l’ha già, mentre Belgioioso è a “zeru tangiensiale” (Mourinho docet)?

“Il Comitato Belgioioso 2020”

Con quest’altro annuncio, si parla invece della prossima costituzione di un non ben definito “Comitato Belgioioso 2020”,  che sarà composto da esperti di economia e di cultura (nazionali e regionali), a cui, in sintesi, verrebbe affidato l’incarico di individuare iniziative concrete per lo sviluppo economico e culturale del territorio. Staremo a vedere allorquando si passerà dalle parole ai fatti, e conosceremo i nomi dei personaggi che avranno l’arduo compito di fornire nuove idee (forse si sono esaurite quelle che erano nel cassetto).

Nel frattempo ci chiediamo il perché della data del 2020. Perchè non il 2017 o magari il 2025, o, visto che ci siamo, non il 2047? Non sarà che, dopo Roma, Venezia, Bari e Palermo, si stia pensando di avanzare anche la candidatura di Belgioioso per le prossime Olimpiadi del 2020? Oppure, c’è forse qualche connessione tra questo Comitato e la prossima missione della NASA sulla Luna anch’essa prevista per il 2020? O che invece dietro la data del 2020 non si voglia coprire qualche simbolica scadenza?

A parte queste amenità, la frase che invece ritengo interessante e sulla quale vorrei richiamare anche la vostra attenzione, è quella con cui si conclude l’annuncio, e cioè: «Oggi il paese sta crescendo in termini di dinamismo e di attrattiva». Ma siamo proprio sicuri che oggi il paese stia crescendo solo in termini di dinamismo e di attrattiva?

P.S. Speriamo che prima del 2020 venga almeno realizzata la tangenziale (o una qualsiasi).

Strade, trappole mortali

4 Novembre 2009 da Emilio Conti

Chi segue costantemente il blog sa che è ormai da un anno che i miei collaboratori (bsìa e brain50) mettono in evidenza lo stato pietoso della nostra ex-statale 234, sottolineando anche la pericolosità derivante agli automobilisti da un’arteria stradale  a cui non è stata fatta alcuna manutenzione.

Ultimamente, poi, hanno incominciato a farsi sentire altre voci con lettere o articoli apparsi sulla stampa locale. Ad oggi sembra che, per quanto riguarda la nostra ex-statale, niente sia cambiato. L’inverno è alle porte ma tutto tace (e siamo stati fortunati ad avere, finora, un autunno clemente).

Chi frequentemente percorre le nostre strade, non necessariamente per lavoro e che non sia il “celebre” autista della domenica, da qualche tempo ha incominciato a chiedersi, nel vedere una simile situazione di degrado, quanto possa incidere la mancata manutenzione stradale sul verificarsi di incidenti. Possibile che un asfalto crivellato di buche come un gruviera non faccia sbandare qualche automezzo (oltre a rovinare cerchi e sospensioni)? Com’è la frenata su un fondo simile? Possibile che la mancanza di righe di delimitazione non faccia uscire di strada (soprattutto in caso di nebbia)? A cosa serviranno mai quei guard-rail che si sono talmente abbassati (in realtà non sono loro che si sono abbassati, ma l’asfalto che continua ad alzarsi) da risultare inutili se non pericolosissimi? Possibile che il formarsi di pozze d’acqua estese e profonde non scaraventi in una campagna, se va bene, qualche veicolo? “Probabilmente una bella percentuale”, mi sono risposto da solo. E come me penso che anche altri siano arrivati alla stessa conclusione. Il fatto è che queste considerazioni rimangono in uno stato di vaghezza perché nessuno ci dice esattamente a quanto ammonta questa percentuale. Eppure la Polizia Stradale questi dati dovrà pur averli!

Verrebbe voglia, ancora una volta, di intonare “Informazione, dolce chimera sei tu”. Sì, perché a cosa vi fanno pensare i servizi TV riguardanti incidenti stradali? Stragi del sabato sera, ergo: tutti impasticcati e drogati. Conclusione? Sono i giovani incoscienti e drogati e/o ubriachi a far danni! Oppure la nebbia. Conclusione? Il fato! Ma questa è solo una parte delle verità.

Molti sono a conoscenza che da qualche settimana è uscito uno nuovo quotidiano. Questo quotidiano ha il grande pregio di farla, l’informazione. E proprio leggendo un suo articolo1 che ho avuto riposta alla domanda esposta più sopra.

Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’università Federico II di Napoli ha stabilito che esiste una correlazione strettissima tra manutenzione e morti: più le strade sono mal tenute più cresce il tasso di incidentalità. Inoltre, almeno il 40% (!!!) dei sinistri è da collegare alle condizioni delle vie di comunicazione. Come conseguenza gli incidenti stradali sono la prima causa di morte per la fascia d’età fino a quarant’anni. In un anno ci sono stati 231.000 incidenti con 5.131 morti e 326.000 feriti. Il costo annuo per il sistema Italia di tutti gli incidenti ammonta a 30 miliardi di euro (due punti di Pil).  Spendiamo, per la manutenzione, 7.000 euro per chilometro: ne sarebbero necessari 20.000! Per la sicurezza stradale siamo il fanalino di coda in Europa (sempre primi partendo dal fondo) – vedi tabella:

SPESA PER ABITANTE PER LA SICUREZZA STRADALE

Nazione Spesa per abitante in euro
Italia 1
Svizzera 26
Svezia 23
Francia 22
Belgio 10
Regno Unito 5

Adesso so (sappiamo) qualcosa in più a conferma dei miei, ma non solo, sospetti. Pare che soldi per la manutenzione delle strade non ce ne siano: per il ponte sullo stretto sì?

  1. Cinquemila mortiil Fatto Quotidiano del 3 novembre []

Circola un filmino scandaloso

3 Novembre 2009 da Emilio Conti

di Alessandro Robecchi – http://www.alessandrorobecchi.it/

Gira un filmino scandaloso, una cosa davvero schifosa e impresentabile, un film concepito per il ricatto che se dovesse uscire farebbe vergognare chiunque. E’ il filmino dell’Italia. Il paese dove ti ammazzano in galera spezzandoti la schiena in due punti, il posto dove i carabinieri tentano l’estorsione. Il paese che sta nelle prime posizioni mondiali per diseguaglianza economica, il posto dove un cittadino su quattro sotto i 25 anni è disoccupato. Nel filmino si vede tutto questo e altro ancora, un po’ sgranato, ma si vede tutto bene: mica è il Tg1!. Ho tentato di venderlo e di farmi un gruzzoletto, perché mi adeguo alla morale corrente. Il Giornale ha visionato ma non l’ha preso. Libero ha guardato ma ha deciso: no, grazie. Nel filmino c’è tutto quello che c’è da sapere: i capitali mafiosi che rientrano anonimi con la modica spesa del cinque per cento, vita e opere di Dell’Utri, le leggi per farla franca, due o tre morti sul lavoro ogni giorno, la libertà di stampa ai minimi storici e il papello dei patti con la mafia. Filmino lungo, è vero, ma meno noioso del Barbarossa che ci è pure costato dei soldi. Questo è gratis. Ci sono i nazi che accoltellano gay e stranieri, ma di cui fa fico parlare come se fossero intellettuali un po’ ribelli. Ci sono gli imprenditori sovvenzionati che chiedono soldi. Ci sono i giovani imprenditori, loro figli, che chiedono soldi. Ci sono ministri che difendono le radici cristiane e adorano il dio Po, il dio Eridano e chissà quale altra puttanata celtica. C’è ancora Cossiga. C’è ancora Andreotti. Ci sono i militari per le strade “per la nostra sicurezza”.Ci sono ministri che dicono viva il posto fisso dopo aver creato milioni di precari. Nel filmino si vedono avvocati che studiano come accorciare la prescrizione, come spostare i processi, come evitare grane al capo. L’ho mandato a Signorini, a Chi, che ha detto: ne parlo con Marina. Marina ha detto: ne parlo con papà. Papi ha visto e ha detto: embé? L’Italia è il paese che io amo. Ecco, mi pareva.

Il paese anormale!

3 Novembre 2009 da Emilio Conti

Dal momento che siamo un paese laico, dobbiamo prendere lezioni di laicità dall’Europa. Per i veri laici e i veri democratici la notizia non può che essere accolta con molta gioia.

No al crocefisso in classe.

Grazie Soile Lautsi! 😎

Il 4 Novembre e “La leggenda del Piave”.

3 Novembre 2009 da sgur_di_tri

La data del 4 novembre è l’anniversario della Vittoria italiana nella Prima Guerra Mondiale, una guerra che ha segnato, in maniera tragica, e più di quanto si possa immaginare, la storia dell’umanità.

Si è parla molto della Seconda Guerra Mondiale e di altre Guerre, più vicine a noi, che si sono succedute nel corso del secolo scorso (Spagna, Corea, Vietnam, Iraq, Israele, ecc.), ma credo che la Prima Guerra Mondiale sia stata la madre di tutte le guerre moderne.

E lo è stata per svariati motivi: per le novità che ha portato sugli scenari delle battaglie, per il modo nuovo di combattere, per le nuove armi adottate, per la crudeltà degli scontri, per le stragi di massa, per la diversa visione della vita e della morte che si è impressa in maniera indelebile sulle generazioni successive, per le conseguenze dirette ed indirette che ha avuto su ogni successiva forma d’arte (letteratura, musica, teatro, cinema, ecc.), per non parlare dell’influenza che ha avuto sulle successive vicende politiche a livello europeo e mondiale, perché sappiamo tutti che è da lì che sono poi scaturiti i nazionalismi e i regimi dittatoriali, con altre e note tragedie.

Ognuno dei motivi esposti meriterebbe un approfondimento: migliaia di libri sono stati scritti, e penso che ci sia ancora tanto da scoprire e da capire di quel tragico conflitto.

Da parte mia, per ricordare quegli eventi, vorrei riproporre ai frequentatori del blog, l’ascolto de “La leggenda del Piave” che è forse la canzone più famosa della Prima Guerra Mondiale, ancor più di altre canzoni del periodo (come, per esempio: “Ta pum”, “O’surdato ‘nnamurato”,”Gorizia”, ecc.). La canzone fu scritta nel Giugno del 1918 da Ermete Giovanni Gaeta, noto con il nome d’arte di E.A.Mario (*), quando mancavano solo pochi mesi alla fine della Guerra. I suoi versi li conosciamo tutti (“Il Piave mormorava calmo placido al passaggio dei primi fanti il ventiquattro maggio ecc. ……”), hanno un impeto particolare e la canzone divenne famosa sin dal primissimo dopoguerra, ma – ed ecco il particolare che vi propongo e che ai più sfugge – una parola alla prima riga della seconda strofa della canzone aveva dovuto subire una variazione. La prima versione infatti era così:

Ma in una notte trista si parlò di tradimento, E il Piave udiva l’ira e lo sgomento, ecc. …”

(qui potete ascoltarla nella versione cantata dal Tenore Giovanni Martinelli nel 1918)

E in seguito divenne:

“Ma in una notte si parlò di un triste evento, E il Piave udiva l’ira e lo sgomento, ecc. …”

(qui potete ascoltarla nella versione cantata dallo stesso Autore E.A. Mario nel 1931)

Come vedete si fa riferimento ad un presunto ”tradimento” (poi modificato in “triste evento”), alludendo forse alle forti divisioni di parte allora esistenti tra interventisti e neutralisti, tra fronte interno e disfattisti, che, però, nell’euforia della vittoria si volevano superare, per cui, al fine di riconciliare gli animi ed eliminare ogni spunto polemico, i versi scomodi furono sostituiti. Così la canzone divenne quella che conosciamo e certamente ha contribuito a “fare gli italiani”.

Per chi ha voglia di saperne di più: Le guerre degli Italiani – Mario Isnenghi – A. Mondadori Ed. 1989

(*) Ermete Giovanni Gaeta – nome d’arte di E. A. Mario ( Napoli, 5.5.1884 – 24.6.1961) fu musicista e poeta. Scrisse tantissime canzoni, napoletane e non solo, che a volte cantava egli stesso. Oltre alla “Leggenda del Piave”, altre sue canzoni sono famosissime, quali ad esempio: “Io, ‘na chitarra e ‘a luna”, “Vipera”, “Santa Lucia Luntana”, “Balocchi e profumi”, “Tammuriata nera”, “Dduje paravise”, “Funtana all’ombra”, “Canzona appassiunata”, “Presentimento”, e tante altre ancora.

Se avete tempo e voglia, provate a riascoltare le canzoni di E.A.Mario, sono una cura salutare per le vostre orecchie.

Pena di morte

2 Novembre 2009 da bsìa

Noi italiani siamo soliti pavoneggiarci per le troiate, ma quando dovremmo farlo per delle cose serie…toh, che smemorati, ce ne dimentichiamo. Italiano, infatti, è uno dei maggiori illuministi il cui nome, per i suddetti smemorati, pare faccia Cesare Beccaria l’autore de “Dei delitti e delle pene“, che sarebbe ora che qualcuno incominciasse a leggerselo con attenzione, in particolare qualche politico nostrano di provata ignoranza.

Dobbiamo a questo nostro illustre cittadino (intendetelo nel senso in cui questo sostantivo veniva usato nella Rivoluzione francese 😈 ) se il nostro paese fu uno trai i primi a eliminare la pena di morte dal proprio codice penale, permettendoci di confrontarci a testa alta con altre nazioni che continuano ostinatamente a mantenerla ed è, forse, uno dei pochi esempi dove la nostra nazione può essere presa a modello.

Da un po’ di tempo, però, sembra che anche da noi la pena di morte stia ritornando alla chetichella e senza processo, senza una giuria, un giudice che la commini. Ci pensa il “FATO”. Dal momento che nelle nostre carceri operano delle cooperative di pulizia super-efficienti succede sempre più spesso che, proprio a causa delle splendide lucidature dei pavimenti, qualche carcerato scivoli e precipiti lungo le scale spaccandosi la schiena! Oppure scivoli in cella e cadendo, guarda un po’ la sfiga, vada ad infilare la testa in un cappio che era li per caso! Niente a che vedere ovviamente con chi, brutto bastardo, si spacca la schiena gettandosi dalla spalliera di una panchina in un parco pubblico senza che i poveri agenti accorsi per far desistere dall’insano proposito il malcapitato possano intervenire. Oppure quel tizio che se ne stava beatamente sul davanzale di una finestra a rimirare il paesaggio ma che, rapito da tale beltà, ha fatto un passo falso ed è precipitato (mai passo falso fu più falso 👿 ). Per non parlare delle mense carcerarie che fanno talmente schifo che qualcuno preferisce morire pur di non mangiare quella roba. E che dire delle bevande?  Ci sono dei cafferini più pericolosi del morso del serpente corallo!

E allora, se questa è la situazione, è necessario che il ministro della giustizia si dia da fare. Intanto potrebbe mandare i NAS a controllare le scadenze di cibi e bevande (in particole del caffè) e poi pregare le imprese di pulizia a non essere così meticolose: suvvia, non usino la cera per pavimenti nelle carceri, qualcuno scivola e poi si fa male… molto male!!

Però… che strano! Non mi è mai capitato di sentire di qualche camorrista o ‘ndranghetaro o mafioso che sia scivolato in carcere. Avranno mica delle scarpe con suola anti-patinamento?

Fratelli d’Italia. Parte III: il rito funerario massonico

1 Novembre 2009 da sgur_di_tri

Domani è il 2 novembre, giornata dedicata dalla Chiesa Cattolica alla commemorazione dei defunti. Tutti sappiamo cosa fare: visita alle tombe dei nostri cari, preghiera (per chi ci crede), fiori, lumini, e, per ultimo, giro di ricognizione nel cimitero a visitare gli amici che purtroppo ci hanno lasciato. Ognuno di noi, a seguito della scomparsa di qualche persona cara, ha vissuto il rito funebre cattolico, che accompagna il defunto nel passaggio da questo all’altro mondo (messa funebre, benedizione della bara, breve discorso in memoria dello scomparso, ecc.), mentre è lasciato ai parenti stretti e agli amici intimi, all’interno delle proprie abitazioni, il momento del dolore e del ricordo.

Non tutti invece sanno di altri riti funebri poco conosciuti, che magari si svolgono proprio vicino a noi, al riparo da occhi indiscreti. Uno di questi riti è quello che la Massoneria dedica al ricordo del Fratello defunto. Perché la Massoneria ha un proprio rito funerario, che gli iscritti ad una Loggia eseguono ogni qual volta un Fratello scompare (o meglio, passa all’Oriente eterno). Attraverso questo rituale si vuole trasmettere ai Fratelli rimasti il senso della precarietà della vita terrena, per cui nel corso della cerimonia vengono richiamati i concetti di connessione tra la vita e la morte, di continua rinascita e di fratellanza universale, con un’ampia simbologia. Ecco, in sintesi, come si svolge la cerimonia.

Tutto il rito, a cui possono assistere, almeno in parte, anche familiari e amici dello scomparso, si svolge all’interno del Tempio massonico parato a lutto, con al centro un tumulo circondato da tre bracieri, comincia alla mezzanotte e dura fino all’alba, magari accompagnato da musica massonica (ad esempio Mozart: Maurerische Trauermusik K477).

La cerimonia inizia con un debole colpo di martello (che vuole significare l’inizio della vita) battuto dal Maestro Venerabile (Capo della Loggia), a cui risponde un Fratello, che batte invece un colpo molto forte (che vuole significare l’intensità della vita), ed infine finisce un altro Fratello con un colpo debolissimo, appena percettibile (per significare l’ultimo respiro, la fine della vita).

I presenti allora si uniscono al centro del Tempio attorno al tumulo, e rilevano con dolore che il Fratello non c’è più, che la catena si è interrotta, è mancante di un anello. Si invoca l’Essere Supremo, il Grande Architetto Dell’Universo (G.A.D.U.) inteso come inizio e fine di ogni cosa, a cui segue il ricordo del Fratello scomparso e poi deve essere fatto silenzio (perché la morte è silenzio assoluto), dopo di ché ognuno si concentra sulla consapevolezza della morte, per trarre forza e insegnamento dalla dipartita del Fratello. A questo punto il Maestro Venerabile versa tre volte l’incenso nei tre bracieri ardenti (richiamo alla simbologia del fuoco) e ognuno ci getta sopra rametti di acacia (per significare la rinascita), e si prega per la memoria del defunto, affinché aiuti tutti i Fratelli nella vita di ogni giorno; si arriva quindi a ricomporre la catena fra i presenti, per un conclusivo abbraccio fraterno.

Alla fine, tutti giurano sul precetto “Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te e fa agli altri tutto il bene che vorresti gli altri facessero a te”, e da ciò ciascuno prende coscienza della fragilità della vita, che però continua e non si interrompe mai, proprio come una catena. Con questa speranza, all’alba, e cioè con l’arrivo del sole che scaccia le tenebre e rigenera ogni cosa, il Maestro Venerabile chiude la cerimonia funebre.

Alla prossima puntata.

Per chi voglia saperne di più:

Massoneria e religioni civili – F. Conti. Il Mulino. 2008
Massoneria universale – L. Troisi – Ed. SugarCo. 1994 – Introduzione di A.A. Mola
Il rito funerario massonico di G. Schiavone in La terra e il fuoco. A cura di M. Tartari – Meltemi Editore. 1996