Too Cool for Internet Explorer

Poesia*

4 Aprile 2010 da Emilio Conti

Ero polacco
e mi avete chiamato ubriacone,
ero albanese
e mi avete chiamato scafista,
ero rumeno
e mi avete chiamato violento.
Avete bestemmiato
Ero somalo
e mi avete rinchiuso in un centro,
ero marocchino
e mi avete coperto di insulti,
ero senegalese
e avete sputato sui miei tappeti
mi avete dato aceto da bere.
Ero bulgaro
e non mi avete pagato il dovuto
ero nigeriana
e mi avete violentata,
ero ucraina
e mi avete affidato vostra madre.
Mi avete venduto per 30 denari.
Ero zingaro
e avete avuto paura di me,
ero accattone
e non mi avete lasciato un centesimo,
ero senza tetto
ed avete sbarrato la porta.
Ero forestiero
e non mi avete accolto.

BUONA PASQUA

* Tratta da “Fogli di via”, giornale di strada dei senza dimora.

Vite parallele

18 Marzo 2010 da Emilio Conti

“Il capo del governo si è macchiato ripetutamente durante la sua carriera di delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbero meritato la condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di governo.

Perché il popolo ha tollerato e addirittura applaudito questi crimini? Una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse e tornaconto personale.

La maggioranza si è resa naturalmente conto delle sue attività criminali, ma ha preferito dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto. Purtroppo il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto.

Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei.

Presso un popolo onesto, sarebbe stato tutt’al più il leader di un partito di modesto seguito, un personaggio un po’ ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente a causa del suo stile enfatico e impudico. In Italia è diventato il capo del governo. Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano. Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare.”


Questo testo, che da settimane circola sul Web, è datato 1° maggio 1945.
Scritto da Elsa Morante, dedicato a Benito Mussolini, è pubblicato su Paragone Letteratura. È un ritratto calzante di un altro personaggio a noi contemporaneo.

Bsiàte – undicesima puntata

11 Marzo 2010 da bsìa

Titolo: ” Berlusconi contestato in conferenza stampa, il ministro La Russa perde la testa”

Domanda: ma per perderla, la testa, non bisognerebbe averla? 🙄

Chi ha detto “Sono una manica di coglioni, dei veri deficienti che non sanno fare bene il loro lavoro perché non sono abituati a lavorare” riguardo alla ritardata presentazione delle liste per le regionali del Lazio?

Suggerimento (dal momento che la domanda è decisamente un po’ troppo difficile): il cognome inizia per B. e il nome per S.

Promemoria per i ladri

8 Marzo 2010 da bsìa

Nell’antica Roma il popolo era solito gridare al generale di ritorno da una campagna militare vittoriosa:


MEMENTO MORI


Da ora in poi anche noi poveri sudditi grideremo questa frase.

Riusciremo a salvarci dalla crisi?

23 Febbraio 2010 da sgur_di_tri

La crisi fa paura! Chi è che non teme di trovarsi, da un giorno all’altro, in una situazione disperata: senza lavoro, senza casa e senza soldi. Sarebbe un incubo orribile dover lasciare da parte i sogni e le speranze, e affrontare la dura realtà di vivere come un poveraccio, alla spasmodica ricerca di un tozzo di pane, e doversi rimboccare le maniche per ricominciare da capo o sperare nella bontà di qualche amico (nei parenti non contateci!).

Penso che a tutti noi, almeno una volta, sia passato per la mente questo “triste” pensiero (che abbiamo scacciato come impossibile!). Ma come vivremmo una situazione del genere? Per rispondere a questa domanda ci viene in aiuto un gioco “on line”  (un browser game fantasy – vedi qui) recentemente realizzato, il cui titolo è tutto un programma: “Fate la carità”  ovvero “Come sopravvivere alla crisi: guida il tuo barbone fra discariche e bassifondi”.

“Arrangiarsi dentro una politica corrotta e assente”: questa è la missione del giocatore/barbone, a cui non resta che cercare di sopravvivere in una città, Monnezzopoli”, popolata di personaggi che ci richiamano alla mente altrettanti personaggi a noi noti, come “Dipietrazzecca” instancabile difensore dei sotterranei, “Spia Dalem” agente segreto al servizio di Resistenza segreta, “Bertoliso”  un vero lavoratore a capo di tutto, che si occupa di tutti e di tutto, e altri ancora. Su tutti però svetta lo “Psicopremier” sempre pronto a garantire ad ognuno un futuro luminoso.

Fate la carità” (prodotto dalla Kalicanthus Entertainment) è un gioco dove non si spende nulla, è unicamente on line e adatto ad un pubblico adulto. Quindi, mi raccomando, ricordatevi che è solamente un gioco. Perchè – e qui dovete credermi – uno scenario così desolante è praticamente impossibile che possa diventare realtà!

Fratelli d’Italia – Parte IV: la Massoneria Pavese

13 Febbraio 2010 da sgur_di_tri

La nascita della Massoneria, a livello mondiale, si fa convenzionalmente risalire al 1717 con la formazione della Gran Loggia Unita d’Inghilterra e solo pochissimi anni dopo, e precisamente nel 1732, ci sarebbero già notizie di una Loggia massonica a Pavia (come sostiene Ambrogio Viviani nella sua “Storia della massoneria lombarda”. 1992. Bastogi Ed.). Se così fosse, quella di Pavia sarebbe, se non la prima, una delle primissime Logge italiane.

Pavia ha quindi una lunga e consolidata tradizione di legami con la Massoneria, dovuta principalmente alla presenza dell’Università, antico luogo di cultura. Si capisce quindi come Pavia sia una città dove i princìpi massonici abbiano trovato terreno ideale per svilupparsi ed attrarre  numerosi ed illustri adepti. E bisogna riconoscere che a Pavia i massoni hanno contribuito, non solo in termini di idee, ma anche con il loro attivismo, al concreto sviluppo della città, specialmente dalla metà dell’Ottocento al primo Novecento, attraverso l’opera di personaggi di notevole spessore, quali Benedetto Cairoli, Agostino Depretis, Alcide Malagugini, e altri.

Ricordiamo brevemente che furono massoni anche coloro che a Pavia parteciparono alla creazione della Camera del Lavoro, della Società di Cremazione, di Società di Mutuo Soccorso, della Croce Verde Pavese, come massoni furono anche alcuni dei fondatori e numerosi Direttori de La Provincia PAVESE, nonché giornalisti, professionisti, pittori, professori universitari, e l’elenco, credetemi, sarebbe veramente lungo (potete vedere qui un elenco di illustri massoni pavesi, tratto dal sito della Loggia “Akh en Aton 1132” di Pavia).

Per conoscere la positiva influenza che la Massoneria pavese ebbe nella vita politica e civile di Pavia di quel periodo storico, consiglio ai frequentatori del blog la lettura dell’interessante e documentato libro “Breve storia della Massoneria pavese” di Gianfranco Brusa (2005. Libreria Clup). Ma veniamo all’oggi, e scopriamo quali sono, delle tre maggiori Logge massoniche italiane, le “Officine” (Logge) attualmente attive a Pavia e Provincia:

Grande Oriente d’Italia: Gerolamo Cardano 63 di Pavia; Akh en Aton 1132 di Pavia; Giunio Bruto Crippa 979 di Pavia; Il Dovere 1084 di Vigevano; Obbedienza e Libertà 1170 di Vigevano; Agostino De Pretis 1279 di Voghera.

Gran Loggia Regolare d’Italia:1 Polaris 10 di Pavia.

Gran Loggia d’Italia: Pavia.

Sono quindi ben 8 le Logge massoniche operative nel Pavese e, come potete vedere, il Grande Oriente d’Italia la fa da padrone con ben 6 Logge. Non sappiamo però quanti siano numericamente i massoni pavesi, né quale sia la loro estrazione sociale, in quanto le Logge non pubblicano le liste dei propri iscritti, né tanto meno forniscono nomi di Fratelli senza il loro permesso.

Le Logge massoniche, come è noto, non sono affatto società segrete (d’altra parte proibite dalla Legge n. 17 del 25 gennaio 1982, emanata all’indomani dello scioglimento della Loggia P2), ma molto semplicemente associazioni private, a cui si può accedere unicamente per cooptazione (tramite la presentazione di un Fratello, oppure dopo un contatto preventivo con la Loggia nazionale – vedi qui ad esempio quanto previsto dalla Gran Loggia Regolare d’Italia).

——— * * * ———-

Nelle prossime puntate, cercheremo di approfondire qual è il dibattito interno che oggi anima la Massoneria italiana per comprendere meglio un’organizzazione che, agli occhi del “profano”, appare ancora come un’associazione chiusa e, a prima vista, impenetrabile.

  1. Unica Obbedienza Massonica italiana ufficialmente riconosciuta dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra. []

“La Provincia PAVESE” e il Prof. Zucca: una presenza assidua

11 Febbraio 2010 da sgur_di_tri

Sicuramente lo avrete notato anche voi: il Sindaco di Belgioioso Prof. Zucca trova spesso ospitalità sulle colonne de La Provincia PAVESE. Il suo nome infatti viene sovente menzionato in qualche articolo, a volte anche affiancato dalla sua immagine sempre sorridente (a volte a mezzo busto o a volte a figura intera, magari con la fascia tricolore), che ci guarda e ci rassicura.

Il contenuto di questi articoli è il più vario: si passa dai nonni civici del Comune di Belgioioso alla scoperta di una sala del Castello, dalla nomina dei dirigenti della Pro Loco alla vernissage della facciata del Comune, dal riso DOP al poliambulatorio medico, dall’inaugurazione di una mostra al PGT e via dicendo. Belgioioso e il suo Sindaco sembrano una fonte inesauribile di notizie, che vengono riprese e riproposte ai lettori del giornale.

Un domanda sorge spontanea: ma gli altri Sindaci pavesi hanno altrettanta visibilità sul quotidiano? Per fare questa piccola verifica, siamo andati sul sito del “La Provincia PAVESE” e, semplicemente utilizzando la casella “Ricerca: la Provincia Pavese dal..” (posta in alto a destra del sito), abbiamo fatto un raffronto fra i Sindaci dei maggiori Comuni pavesi per vedere quante volte il nome di ognuno di loro è stato ripreso dal giornale, nel periodo che va dal 1.01.2010 al 8.02.2010 (per un totale di 39 giorni effettivi).

Ed ecco (salvo errori od omissioni, che ovviamente siamo pronti a correggere) il risultato di questa banale indagine, dalla quale, per ovvi motivi, abbiamo escluso il Sindaco di Pavia Dr. Cattaneo Alessandro (in quanto fuori gara):

Zucca Fabio

Belgioioso

24 volte

Torriani Aurelio

Voghera

19 volte

Robecchi Roberto

Mortara

18 volte

Paroni Luigi

Broni

18 volte

Cotta Ramusino Ambrogio

Vigevano

17 volte

Callegari Lorenzo

Casteggio

14 volte

Lombardi Pierangelo

Stradella

12 volte

Guardamagna Giorgio

Mede

10 volte

Nai Elena

Gambolò

7 volte

Spialtini Enzo

Garlasco

6 volte

Alberti Gianfranco

Mede

6 volte

Passerini Dina

Dorno

3 volte

Gasperini Marcelo

Robbio

3 volte

Rho Gian Antonio

Casorate Primo

2 volte

Il Prof. Zucca è quindi risultato primo nelle “nomination” dei Sindaci pavesi (a conferma di una sensazione che avevamo avuto) e, come potete vedere, il suo nome è ripreso in misura superiore anche rispetto a Sindaci di Comuni con un numero di abitanti maggiore di Belgioioso.

Premesso che quella che vi abbiamo proposto è nient’altro che una semplice constatazione sulla ripetitività dei nomi sul quotidiano per il periodo considerato, viene spontaneo chiedersi quali siano i motivi di un trattamento così diverso. Domanda alla quale, purtroppo, non siamo in grado di rispondere.

Cultura locale

1 Febbraio 2010 da Emilio Conti

La cultura è imprescindibile dalla conoscenza, dal momento che la cultura viene definita come l’insieme delle conoscenze di un individuo. Quindi, conoscere per essere colti.

E’ pur vero che il termine “cultura” da solo risulta un po’ generico e va accompagnato da qualche aggettivo, per cui si può parlare di cultura generale, cultura specialistica, cultura artistica, ampia cultura, ecc. E, ovviamente, cultura locale, intesa come conoscenza del territorio e della sua storia.

Per quanto riguarda il nostro paese uno dei testi che andrebbe letto obbligatoriamente è la tesi di laurea della nostra compaesana, da non molto scomparsa, Luigia Suardi dal titolo “Belgioioso nel passato e nel presente” (reperibile qui).

Nell’anno appena trascorso abbiamo avuto la pubblicazione di un pregevole volume di fotografie (ma non solo) opera di Claudia Terna dal titolo “Belgioioso nel tempo” che ha riscosso un notevole, e meritato, successo.

Ma c’è anche chi da tempo, cinque anni, si preoccupa della storia del nostro paese e ce la fornisce a piccole dosi, ma in modo costante, forse per darci il tempo di assimilarle. Mi riferisco a Luigi Migliavacca con il suo giornalino “Belgioioso, Terra del Basso Pavese“. L’ultimo numero, dedicato al Giorno della memoria, è una vera e propria perla che ci ha permesso di conoscere storie di nostri compaesani durante il secondo conflitto mondiale ai più sconosciute (io stesso, che non sono più molto giovane, ero all’oscuro di queste vicende).

Un grazie a Gino Migliavacca per il suo impegno, che dovrebbe essere riconosciuto pubblicamente. Ma in questo triste periodo storico della nostra nazione, anche la cultura, per essere premiata, deve avere un’etichetta politica e un’etichetta che coincida con quella del potente di turno. Sappiamo tutti come si è schierato il Gino nelle ultime elezioni: perciò, per lui, niente riconoscimenti pubblici da parte di questa amministrazione (ma forse è meglio così). E’ triste constatare che l’onestà intellettuale è proprio una dote di cui gli uomini politici odierni sono sprovvisti.

“Fast food”: un piatto unico

28 Gennaio 2010 da sgur_di_tri

Quella che sto per raccontarvi è una storia vera. Una storia di una semplicità disarmante (almeno questo è l’effetto che ha fatto a me quando me l’hanno raccontata), fatta di sguardi e di silenzi. Una storia da “fast food” (pasti veloci), dove appunto si è svolta la vicenda, un luogo dove tante vite si incrociano solo per un attimo e forse non si rincontreranno più, ma che a volte lasciano il segno (come nel nostro caso).

Una storia che ognuno dei protagonisti potrà raccontare ad amici e conoscenti e che, dopo averla letta, credo anche voi racconterete in qualche occasione (o vi ricorderete quando entrerete in un Fast Food), perché rimarrà sicuramente nella vostra memoria per parecchio tempo. Ma bando alle ciance, provo a raccontarvi la breve storia, che, per comodità narrativa, tratterò in prima persona.

———- § § § ———-

Qualche mattina fa sono andato in centro a Milano per sbrigare alcune faccende. Speravo di cavarmela in fretta, ma faccio tardi. Decido quindi di andare a mangiare qualcosa in un Fast Food. Accidenti – dico fra me – sono le due passate e qui è ancora pieno. Ah! E’ vero! Questo è l’orario dei bancari, ma non solo! E sì, in quel momento li noto: in giacca e cravatta, tutti uguali, tutti incolonnati per il pranzo. E vabbè! Che faccio? Resto o cerco un altro posto? Visto l’orario, decido alla fine di prendere il vassoio e di mettermi in fila anch’io con loro.

Mi faccio dare un piatto di rigatoni al sugo, una bistecca di pollo e un’insalatina. Prendo il tutto, pago e mi cerco un posto dove sistemarmi. Mi faccio strada in mezzo alla gente, giro un po’ a vuoto (non molto però), finché non vedo un buco in una di quelle capaci mensole circolari che fungono da tavolo e che avvolgono le enormi colonne portanti del locale, dove già altri commensali stavano mangiando, ognuno appollaiato su alti sgabelli (tipo trespolo).

Mi sistemo anch’io, salgo sul mio sgabello, ma mi accorgo subito di aver dimenticato di prendere il pane e le posate.  Mi giro, scendo dallo sgabello, lascio lì incustodito il mio vassoio e vado a prendere prima il pane e poi le posate che erano poco più in là e, facendomi largo in mezzo a tutta quella gente, torno verso il mio vassoio.

Ma, con mia grande meraviglia, vedo un ragazzone di colore (vestito bene, devo dire!) che stava mangiando i miei rigatoni. E sì! Quello, buono buono, si era seduto al mio posto e tranquillamente si stava mangiando il mio pranzo. Mi sono avvicinato, sono rimasto lì fermo con in mano il pane e le posate e l’ho guardato. E no! Questo è troppo! Però non sapevo cosa fare, dal momento che anche lui, dopo avermi guardato, ha fatto finta di nulla e ha continuato imperterrito a mangiare. E devo dire che  lo faceva con un certo appetito.

Che faccio? E lì, su due piedi (e sì, perché io ero lì in pedi), prendo una decisione che alla fine si rivelerà imperdonabile: dal momento che, nel frattempo si era liberato lo sgabello a fianco, mi ci appollaio sopra, mi sistemo e … d’istinto incomincio a mangiare anch’io dal “suo” piatto (che poi era il “mio” piatto). Volevo proprio vedere che cosa avrebbe fatto!

Il ragazzone di colore mi guarda, lo guardo anch’io, insomma ci guardiamo un attimo, e poi – forse non mi crederete, ma è andata proprio così – tutte e due (alternando le forchettate) abbiamo mangiato dallo stesso piatto prima i rigatoni e dopo, in silenzio, siamo passati pure alla bistecca e all’insalatina.

Alla fine mi dice: “Posso offrirti un caffè?” Che sfacciataggine, penso io, non c’è limite all’indecenza, questo mi vuole anche sfottere. Ma non volevo andare oltre, davanti a tutta quella gente, e quindi gli ho risposto con un semplice: “No. Grazie”. A quel punto il ragazzone è sceso dallo sgabello, con cortesia mi ha salutato ed è uscito dal locale.

“Accidenti, che pranzo!” – mi sono detto – “Anzi, mezzo pranzo! Ma guarda cosa ti può capitare al giorno d’oggi! Che razza di gente che c’è in giro! A questo punto però un buon caffè me lo merito proprio!”. Scendo anch’io dallo sgabello, faccio il giro della colonna (dove prima stavo seduto) per andare al banco del bar e, con mia grandissima meraviglia, cosa ti vedo? Non ci crederete, ma rivedo il mio vassoio! Era lì, fermo, intonso, completo di rigatoni al sugo, bistecca di pollo e insalatina! Non si era mai mosso da lì!

In un istante mi sono bloccato completamente! Mah?! Cosa ho combinato! E in un attimo ho rivissuto come in un film quanto accaduto, dal principio alla fine, attimo per attimo. Mamma mia! Sono stato io a mangiare nel suo piatto, non lui nel mio! Che figura! Accidenti, che giornata! Ma perché non ho parlato! Bastava poco!

Sono rimasto impietrito per non so quanto tempo a (non) pensare. Non sapevo più che fare. Quando mi sono ripreso, ho chiesto al barista se per caso conoscesse il ragazzone di colore che poco prima mangiava seduto ad uno dei tavoli circolari delle colonne. Saputo che era un cliente abituale e che tutti i giorni era lì a pranzare, ho fatto l’unica cosa che, in quel momento, mi sembrava giusto fare: ho lasciato un pranzo pagato, e, non potendo farlo di persona, ho chiesto di scusarmi con lui per quanto successo.

Mentre in macchina andavo verso casa mi è balenato un pensiero: chissà cosa avranno pensato le altre decine di persone che stavano anche loro mangiando nel locale? Avranno certamente pensato che quei due dovevano essere proprio degli amiconi, per mangiare nello stesso piatto!

27 Gennaio 1945: si aprirono i cancelli di Auschwitz

26 Gennaio 2010 da sgur_di_tri

Il 27 gennaio è stato dichiarato il “Giorno della memoria”, a ricordo di quel 27 gennaio 1945, in cui i soldati dell’Armata Rossa aprirono i cancelli del campo di concentramento di Auschwitz, scoprendo quello che tanti in Occidente sospettavano, e cioè l’assassinio programmato del popolo ebraico (e non solo), e anche noi del blog vogliamo ricordare quella data.

Molte manifestazioni si svolgono oggi in tutto il mondo, per non dimenticare quello che è successo. Ma oltre che ricordare, crediamo sia importante anche capire il perché di quell’epilogo, il perché si è arrivati a tanto. E per farlo, non possiamo fare altro che leggere quei libri che ricercano e analizzano le ragioni storiche del sentimento di avversione e ostilità nei confronti degli ebrei.

Di libri che trattano questo argomento ce ne sono tanti. Da parte mia suggerisco la lettura di due libri di Leon Poliakov, storico e filosofo francese di origine russa, che ha dedicato tutta la sua vita ad approfondire questo oscuro aspetto della storia. Due libri, secondo me fondamentali, perché scritti sulla base di una vastissima documentazione.

Storia dell’antisemitismo – Sansoni Editore. 2004. (2a edizione)

In questa opera monumentale in quattro volumi, Poliakov narra la storia degli ebrei e delle innumerevoli persecuzioni che dovettero subire, a partire dalla diaspora ai tempi della distruzione di Gerusalemme fino ai giorni nostri. Un esempio di sintesi storica e chiarezza espositiva.

Il mito ariano – Rizzoli Editore. 1999 (2a edizione)

Con questo libro, invece, Poliakov, utilizzando l’antropologia, la sociologia e la psicanalisi, scava a fondo nel processo di formazione dei miti dell’origine ariana e percorre la storia di questo delirio fino a giungere alla seconda guerra mondiale.

———- *   *   * ———

Scrive Poliakov, di fronte alla storia dell’antisemitismo:

“Se in un paese cristiano c’è bisogno di lottare con tanta ferocia per la purezza della fede, questa fede deve essere molto vacillante.”

“Scrivere la storia dell’antisemitismo vuol dire scrivere la storia di una persecuzione avvenuta all’interno della società occidentale.”

———-*   *   *———

Leon Poliakov (1910-1997) nato a Leningrado, ma trasferitosi con la famiglia a Parigi nel 1920, studiò legge e si dedicò anche al giornalismo. Nel 1945 fu chiamato come esperto al Processo di Norimberga contro i criminali nazisti, ed è stato fra i fondatori del Centro di documentazione ebraica di Parigi. Oltre ai libri citati scrisse anche: “Il nazismo e lo sterminio degli ebrei” (1955), “Dall’antisionismo all’antisemitismo” (1971), “I samaritani” (1994).