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Bilancio di un Comune – Il Patto di stabilità

25 Agosto 2010 da sgur_di_tri

Cos’è il Patto di stabilità, di cui tanto si parla sui giornali e in tv? Tanto per iniziare, possiamo vederlo da due punti di vista: dalla parte di un Sindaco e dalla parte di un funzionario del Ministero dell’Economia.

Un Sindaco direbbe che il Patto di stabilità è un marchingegno burocratico che limita l’operatività dei Comuni, mentre il funzionario ministeriale direbbe invece che è uno strumento indispensabile per garantire il rispetto dei parametri definiti a livello europeo.1

Ebbene, tutte e due avrebbero ragione perché, se da un lato il Patto di stabilità è un insieme di rigidi controlli che i Comuni devono rispettare, dall’altro esso ha origine europea, derivato da un accordo fra i Paesi UE per controllare le politiche di bilancio (deficit e debito pubblico) dei Paesi membri.
Ma cosa c’entrano gli Enti locali, e quindi i Comuni, con deficit e debito pubblico?

Semplicemente perché, anche i Comuni (al pari dello Stato, e in quanto componenti della Pubblica Amministrazione) potrebbero avere un deficit (disavanzo) nel proprio bilancio e possono anche indebitarsi (mutui/prestiti),2 concorrendo in tal modo al superamenti dei parametri europei di cui abbiamo fatto cenno.

Ma il Patto di stabilità, così come è stato predisposto in Italia, è stato, ed è, duramente criticato da tutte le parti politiche in quanto ritenuto “sbagliato” e da correggere. Ecco, per capire meglio, una brevissima cronistoria.

Dal 1997, con l’introduzione del Patto di stabilità i Comuni hanno regole che impediscono loro di produrre deficit. Poi, negli ultimi 10 anni il Patto di stabilità è stato più volte modificato: dal 2002 al 2006 si sono obbligati i Comuni a ridurre le spese senza tener conto delle entrate, e dal 2007, invece, si è dato come obiettivo quello del miglioramento dei saldi, ovvero la differenza tra le spese e le entrate (vedi i commi 676/684 della Legge 296/2006 – Legge Finanziaria 2007 e successive modificazioni).

Norme che tutti i Comuni (con popolazione superiore a 5000 abitanti) indistintamente devono applicare, norme che quindi non guardano se un Comune ha già migliorato i propri saldi (e più di così non potrebbe fare). Evidentemente servirebbe un Patto di stabilità diverso.

Per questo da più parti ci si augura che l’attuale Patto di stabilità venga modificato, affinché diventi uno strumento non fatto da norme generalizzate, ma che, con parametri precisi, sappia riconoscere i Comuni che gestiscono in modo corretto il proprio bilancio (poco indebitamento, una spesa del personale contenuta ed una buona autonomia finanziaria).

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A titolo puramente informativo, a dimostrazione dei rigidi controlli a cui sono sottoposti i Comuni affinché rispettino il Patto di stabilità, vogliamo evidenziare che, nel novembre 2006, anche il Comune di Belgioioso è stato oggetto di una segnalazione da parte della Corte dei Conti – Sezione Regionale di controllo della Lombardia.3

  1. Rapporto Indebitamento netto della Pubblica Amministrazione/PIL inferiore al 3% e rapporto Debito pubblico della Pubblica Amministrazione/PIL convergente al 60%. []
  2. Tanto per stare in tema, è proprio di questi giorni (vedi qui) l’allarme lanciato dalla Corte dei Conti sull’aumento dell’indebitamento dei Comuni (vedi qui la Relazione completa. []
  3. Vedi Delibera 201/2006 []

Bilancio di un Comune: l’avanzo di Amministrazione

11 Agosto 2010 da sgur_di_tri

In questo post vogliamo dare qualche cenno su cos’è l’Avanzo di Amministrazione di un Comune. Si ha un Avanzo di Amministrazione quando, in fase di Rendicontazione contabile annuale, il Comune “scopre” che le entrate hanno superato le uscite effettive.  L’Avanzo di Amministrazione risulta dal seguente calcolo: al Fondo di cassa di fine esercizio si aggiungono i Residui attivi e si sottraggono sia i Residui passivi che i Residui di stanziamento: se si ha un risultato positivo, si ha un Avanzo di Amministrazione; se invece si ottiene un risultato negativo si ha un Disavanzo di Amministrazione.
I Residui attivi sono in genere i crediti non incassati dal Comune.1 I Residui passivi sono i debiti accertati ma non pagati nell’esercizio (pagamenti rinviati negli esercizi successivi). Per Residui di stanziamento si intendono le somme che il Comune aveva previsto di spendere (impegno contabile) per effettuare un investimento nell’esercizio, ma per le quali di fatto non ha ancora iniziato il relativo procedimento di spesa (in sostanza aveva deciso di spendere ma che in effetti poi non lo ha fatto!).

C’è da dire che negli ultimi anni non pochi Comuni hanno fatto registrare un Avanzo di Amministrazione anche di importo considerevole2 evidenziando in tal modo come abbiano speso molto meno di quanto avessero previsto.

Ora, se un Comune fosse una qualsiasi azienda privata, di fronte ad un corposo Avanzo di Amministrazione, bisognerebbe fare i complimenti agli Amministratori per essere riusciti a raggiungere un risultato così importante: un’azienda che in tempo di crisi economica riesce a fare un utile consistente è veramente ammirevole!

Purtroppo (o per fortuna, dico io) il Comune non è affatto un’azienda privata, ma – e spero che questo sia chiaro a tutti – è un Ente pubblico il cui scopo NON è quello di fare utili, ma di erogare servizi ai cittadini utilizzando fino all’ultimo le entrate che ha a disposizione (vedasi i vincoli di Bilancio di cui al nostro post del 30.6.2010)!

Ecco infatti come la Corte dei Conti – Sezione Regionale di controllo della Lombardia in data 25 marzo 2009 ha definito l’Avanzo di Amministrazione:3

“….. omissis ..….
L’Avanzo di Amministrazione si configura quale risparmio pubblico, ovvero eccedenza di risorse sottratte ai contribuenti e agli utenti, rispetto alle previsioni di spesa per i servizi da erogare. Perciò l’Avanzo di Amministrazione non è dunque classificabile come utile di gestione, e se superiore alle percentuali fisiologiche rapportate alle entrate correnti, può rappresentare un sintomo di eccessivo prelievo fiscale, non coerente con le reali esigenze di spesa dell’ente locale.
….omissis …… “

Concetto molto chiaro. In sostanza, l’Avanzo di Amministrazione, essendo da considerare come risparmio pubblico (e non un utile aziendale), quando è consistente (superiore alle percentuali fisiologiche rapportate alle entrate correnti), non rappresenta oggettivamente un fatto positivo per i cittadini, anzi “può rappresentare un sintomo di eccessivo prelievo fiscale”.

Per cui viene spontaneo chiedersi: gli Amministratori locali decidono in modo premeditato di spendere meno di quanto formalmente previsto nel Bilancio di previsione, allo scopo di formare un “gruzzolo” da spendere negli esercizi successivi? Oppure, l’Avanzo di Amministrazione si determina senza una precisa volontà degli stessi Amministratori?

Il dubbio ovviamente resta, perché, come è noto, gli Amministratori hanno la possibilità di verificare in corso d’anno l’andamento delle entrate e delle spese, controllarne gli scostamenti rispetto alle previsioni e, se del caso, mettere in atto gli opportuni aggiustamenti.

  1. Con qualche eccezione []
  2. E’ del tutto ragionevole che in fase di rendicontazione di fine anno ci sia una qualche differenza fra entrate e uscite (è ovvio che non saranno mai uguali!). Differenza che possiamo definire fisiologica quando è contenuta in poche migliaia di euro, ma quando la differenza (specie se si tratta di Comuni di piccole dimensioni) è notevole allora qualche domanda sorge spontanea. []
  3. Vedi qui il testo integrale del parere. []

Bilancio di previsione – parte VII: come in una famiglia

12 Luglio 2010 da sgur_di_tri

Facendo un parallelo con una realtà che tutti tocchiamo con mano, possiamo pensare al Bilancio di previsione un Comune come al bilancio di previsione una qualsiasi famiglia. Perché i due concetti sono quasi perfettamente sovrapponibili.

Facciamo un esempio concreto: una famiglia, a fronte di una previsione di entrate derivante da uno stipendio, terrà conto innanzitutto del cibo, dei vestiti, delle spese per le bollette del telefono, della luce, del gas e dell’acqua, delle spese per la casa (o dell’affitto), delle spese per la benzina per l’auto, per le tasse, i bolli e le assicurazioni, delle spese scolastiche, delle spese mediche, del rimborso dei prestiti eventualmente contratti.

Tolte tutte queste spese, quello che rimane è il risparmio che la famiglia potrà dedicare agli investimenti: acquisto della casa, interventi di ristrutturazione della casa stessa, acquisto di una nuova automobile, acquisto di titoli (obbligazioni, azioni), rinnovo degli elettrodomestici, ecc.

Inoltre, se non dovesse bastare il risparmio accantonato per fare gli investimenti (beni durevoli), una normale famiglia, come si sa, ricorre a mutui (debito di lunga durata) o a prestiti (debito di breve durata), oppure, quando deve fare delle scelte per il futuro (ad esempio: iscrivere un figlio all’Università), la famiglia sa che dovrà tener conto delle spese che sosterrà negli anni successivi, e che queste scelte andranno inevitabilmente ad incidere sulla quota di reddito disponibile.

Si intuisce quindi che ogni scelta (decisione) di spesa influenza le altre: chi sceglie di spendere di più per le spese correnti (servizi e beni di consumo) avrà certamente un tenore di vita più alto, ma di sicuro avrà meno soldi a disposizione per fare degli investimenti (beni durevoli).

Chi deciderà invece di spendere di più per beni durevoli (fare degli investimenti) avrà ovviamente meno risorse a disposizione per le spese in sevizi e beni di consumo (spese correnti). Così un investimento (spesa per bene durevole) che comporta una spesa rilevante potrà escluderne un altro e così via.

In questo modo opera una famiglia normale, e così dovrebbe operare il Comune. Il Comune però ha un’arma in più della famiglia, perché può in qualche misura variare il livello delle proprie Entrate, e lo può fare modificando le aliquote fiscali e/o le tariffe dei servizi che il Comune eroga. Nel fare questo, visto che queste scelte impattano sui cittadini, l’Amministrazione comunale dovrebbe tenere conto di criteri di equità del prelievo e di tariffazione. Le scelte effettuate in questo senso vengono definite “politica fiscale e tariffaria”.

Sulla base della propria politica fiscale e tariffaria, dei trasferimenti statali che la Legge finanziaria destina ai Comuni, e in relazione alle previsioni delle altre Entrate, la Giunta formula una previsione delle Entrate complessive sapendo che, per prima cosa, queste somme dovranno coprire le Spese correnti per la gestione dei servizi e gli interessi per il rimborso dei mutui.

Le entrate vincolate, i mutui e le entrate non assorbite dalle spese correnti andranno poi a finanziare (pagare) gli investimenti.

Il Comune inoltre sa che ogni anno servono interventi per la manutenzione delle strade, per le scuole, per il verde, per l’illuminazione stradale, ecc. e, come tutte le famiglie, il Comune è sottoposto alla pressione dell’aumento dei costi dei beni e dei servizi. Molte delle risorse a disposizione tendono invece a diminuire, come gli interventi dello Stato, o non crescono a sufficienza. Quindi anche l’Amministrazione comunale deve operare tenendo conto di questi molteplici aspetti.

Con questo post si chiude il ciclo dedicato specificatamente al Bilancio di previsione di un Comune. Abbiamo comunque in programma di predisporre altri post sempre inerenti all’attività dei Comuni, come ad esempio, il Patto di stabilità, i Derivati, il Conto Consuntivo e altro ancora. Quindi, a presto.

Bilancio di previsione di un Comune – parte VI: I vincoli di Bilancio

30 Giugno 2010 da sgur_di_tri

Nel predisporre il Bilancio di Previsione, l’Amministrazione comunale deve obbligatoriamente (per Legge) tener presente alcuni vincoli:

il vincolo di pareggio di bilancio (cioè le uscite non possono superare le entrate);
il vincolo degli impegni pregressi (cioè gli impegni assunti negli anni precedenti);
il vincolo dell’equilibrio finanziario nel medio e lungo periodo;
il vincolo di destinazione delle entrate (non si possono usare i soldi “come ti pare e piace”).

Il primo vincolo è evidente: non si può spendere di più di quanto si incassi. Come diretta conseguenza si ha che prima di ogni spesa aggiuntiva si devono reperire nuovi fondi (oppure si devono tagliare delle spese che erano già state previste).

Il secondo vincolo indica che si deve tenere conto degli impegni che si sono assunti negli anni precedenti, che necessariamente devono essere rispettati (ad esempio, le rate dei mutui).

Facendo il rapporto fra queste spese (impegni precedenti) e la Spesa corrente si vede in che maniera queste incidono in Bilancio e questo rapporto si chiama “indice di rigidità della spesa”.

Ma esistono anche altre spese di cui si deve tener conto, quali ad esempio il pagamento delle spese per il riscaldamento, per l’acqua, l’energia elettrica, il carburante per gli automezzi, le spese per i contratti dei servizi appaltati, i compensi ai professionisti per gli incarichi, il rispetto delle convenzioni stipulate e così via.

Il terzo vincolo è anch’esso chiaro, perché “le scelte di ieri” hanno importanti riflessi sulla “gestione di oggi”, così come “le scelte di oggi” avranno importanti riflessi sulla “gestione del futuro”.

Appare così evidente che il ricorso ai mutui, le assunzioni di personale, la vendita del patrimonio immobiliare del Comune o l’acquisto di nuovo patrimonio immobiliare devono essere non solo sostenibili nell’immediato, ma devono anche esserlo  negli esercizi futuri, per garantire al Comune un equilibrio finanziario di medio/lungo periodo.

Il quarto vincolo è un vincolo di Legge, e prevede che alcune entrate siano obbligatoriamente utilizzate per far fronte a determinate spese. Faccio un solo esempio: le entrate derivate dai mutui sono vincolati agli investimenti per i quali i mutui sono stati accesi.

Nel prossimo ed ultimo post parleremo di come il Bilancio di Previsione assomigli in tutto e per tutto al Bilancio di una qualsiasi famiglia.

Alcune note sulla speculazione di borsa

29 Giugno 2010 da Emilio Conti

Il post di sgur_di_trì1 merita alcune precisazioni:

  1. la caratteristica principale della speculazione è la durata: stiamo parlando di operazioni di borsa che, in alcuni casi, durano lo spazio di qualche decina di minuti. Parlare quindi di “investitori istituzionali” che cercano un buon investimento di durata medio/lunga” non deve ritenersi come un’operazione speculativa. Si tratta semplicemente di un investimento (come dovrebbero essere fatti tutti gli investimenti). Che poi, dati i volumi in gioco, queste operazioni modifichino i corsi delle borse fa parte del gioco;
  2. la speculazione è sempre stata considerata pericolosa da molti economisti. Uno dei più noti è James Tobin premio nobel per l’economia che già nel lontano 1972 propose l’introduzione di una tassa sulle transazioni a breve che da lui prese il nome: la Tobin Tax;
  3. non si può parlare di speculazione senza parlare dei cosiddetti “derivati” una serie di prodotti finanziari nella cui complessità si perde pure il sottoscritto;
  4. quando si parla di Borse e speculazione non bisogna mai dimenticarsi delle cosiddette “Agenzie di rating” che con i loro giudizi possono creare dei veri e propri disastri. In buona fede? In malafede? Sulla loro buona fede esistono parecchi dubbi. Sicuramente queste agenzie non adottano metodologie di valutazione oggettive, altrimenti non si spiegherebbe il fatto che una società ottenga un certa valutazione dall’agenzia A e una valutazione diversa dall’agenzia B. E poi, chi controlla queste agenzie?

La vera novità è che da alcuni anni si è scoperto che gli Stati possono fallire. Prima no? Evidentemente in misura molto minore, ma lo sono diventati quando sono stati costretti, volenti o nolenti, ad adottare politiche economiche che non oso definire demenziali. Se, come nel caso dell’Europa, ci si lega mani e piedi alla politica monetarista tedesca questo è ciò che può accadere. Quando gli stati, anziché finanziare la propria spesa pubblica con “mezzi propri” (prelievo fiscale) decidono di ricorrere al debito pubblico questi sono i risultati.

Il vero problema di fondo, però, è questo modo di fare economia. Se dopo le continue crisi che si susseguono dal 2002 ancora non si mette in dubbio il “neoliberismo” allora queste sono le situazioni in cui stiamo vivendo. Come dice Richard Sennett: “I politici non hanno capito che il capitalismo finanziario è inerentemente distruttivo e sembrano paralizzati”.

Il problema è questo!

  1. La manovra finanziaria e la speculazione internazionale []

La manovra finanziaria e la speculazione internazionale

27 Giugno 2010 da sgur_di_tri

“La manovra finanziaria? E’ l’Europa che ce l’ha chiesta! Per metterci al riparo dalla “speculazione internazionale” e non finire come la Grecia!” E’ questa, in sintesi, l’affermazione ripetuta all’infinito dagli esponenti del centro-destra per giustificare l’intervento. Come dire: se fosse stato per noi, non l’avremmo fatta! Scusateci tanto, ma abbiamo dovuto!.

Io direi di più: la manovra, oltre che necessaria, è diventata obbligata, perché difficilmente l’Unione Europea difenderebbe un Paese membro dagli attacchi “speculativi”, se quel Paese non ha posto in atto azioni incisive per il risanamento dei propri conti.

Ma chi sarebbero questi fantomatici e misteriosi “speculatori”1 che sembrerebbero avercela così tanto con l’Euro e che, senza guardare in faccia a nessuno, potrebbero “tramare” anche contro il nostro Bel Paese? Vediamo di conoscerli più da vicino.

Sotto il termine generico di “speculatori internazionali” vengono solitamente accomunati sia quegli operatori finanziari, dotati di grandi disponibilità liquide e generalmente conosciuti come “investitori istituzionali2 che cercano un buon investimento di durata medio/lunga, sia quegli operatori anonimi (alcuni li individuano nei “fondi speculativi”) che agendo nei mercati borsistici di tutto il mondo cercano di trarre profitto da situazioni contingenti.

Come potete notare, siamo in presenza di soggetti che, potendo disporre di somme ingenti, sono alla ricerca del miglior investimento, e influenzano in modo significativo i prezzi dei mercati finanziari. E’ quindi del tutto evidente che, prima di effettuare una qualsiasi operazione finanziaria, questi operatori effettuino analisi approfondite sui titoli da acquistare o vendere, per orientarsi verso titoli “solidi” onde evitare di trovarsi nel proprio portafoglio titoli “spazzatura”, come successe con la crisi finanziaria di due anni fa.

Per cui, ad esempio, quando stanno per decidere un’operazione (acquisto o vendita) su “titoli governativi”, cioè su titoli del debito pubblico di un determinato Paese (vedi qui la lista degli Stati più indebitati al mondo), sembra che non si accontentino più di rassicurazioni generiche, ma è il Paese stesso, nel suo complesso, che verrebbe letteralmente passato sotto la lente d’ingrandimento, per valutarne il reale stato di salute.

“Qual è il rapporto tra debito pubblico e PIL (prodotto interno lordo)? I conti pubblici (le entrate e le uscite dello Stato) sono in regola? Sono dati veri oppure occorre verificarli? Qual è il livello della spesa pubblica? Si sta facendo qualcosa per diminuirla? Le leggi contro la corruzione e l’evasione fiscale sono incisive? Il sistema fiscale è equo? Qual è il livello di criminalità? La politica economica che si sta attuando è congrua? Qual è lo stato generale dell’economia? ecc..

Ecco perché, a mio parere, quasi tutti i Paesi dell’Unione europea (Italia compresa), per dimostrare la loro ferma volontà di risanamento, sono corsi, ognuno per proprio conto, ad effettuare manovre finanziarie più o meno pesanti.
A questo punto però una domanda sorge spontanea: basteranno queste manovre per allontanare l’ombra di nuovi attacchi “speculativi”? Vedremo.

  1. Dal Vocabolario della Lingua Italiana Devoto/Oli. Ediz. 1971 – a pag. 2305 alla voce Speculatore s. n. e agg. 1. Persona che compie operazioni di commercio allo scopo di trarne profitto dalle variazioni dei prezzi di mercato (le manovre degli speculatori). In senso spregiativo: di chi spregiudicatamente persegue un utile personale a danno di  altri.
    2 lett. (raro) Indagatore di problemi filosofici (ad es.: massoneria speculativa)
    []
  2. Fra gli “investitori istituzionali”, oltre ai Fondi pensioni privati (americani, canadesi, inglesi, ecc.), le società assicurative e ai fondi di investimento, si fanno rientrare anche le holding familiari, i fondi “sovrani” (detti così perché di proprietà statale) dei Paesi produttori di petrolio (Paesi arabi, Venezuela, Nigeria, ecc.) o ancora dei Paesi proprietari di materie prime (Brasile, Bolivia, Russia, ecc.), o dei Paesi emergenti ad alto sviluppo economico (Cina e India) []

Bilancio di previsione di un Comune – Parte V: la Spesa corrente

24 Giugno 2010 da sgur_di_tri

Per Spesa corrente si intende sia la vera e propria spesa di funzionamento del Comune sia la spesa per i servizi erogati dal Comune.

Alla Spesa corrente si deve far fronte (come accennato nel precedente post) con le Entrate tributarie, le Entrate per trasferimenti e le Entrate extratributarie (cioè i primi tre Titoli delle Entrate). Vediamo più in dettaglio in cosa consistono le Spese correnti.

Funzioni amministrazione: sono le spese per la Giunta, il Consiglio comunale e le spese per il funzionamento degli Uffici comunali (uffici amministrativi, ufficio ragioneria, ufficio tributi, ufficio tecnico, anagrafe, ecc.), oltre ai normali costi di funzionamento.

Funzioni per la polizia locale: spese per l’attività dei vigili urbani.

Funzioni di istruzione pubblica: spese per le scuole materne, comunali e statali, per le scuole elementari e medie, assistenza scolastica, mense scolastiche, trasporto alunni e iniziative varie per la scuola.

Funzioni per le attività culturali: spese per la gestione della biblioteca, per iniziative culturali, ecc.

Funzioni per lo sport e manifestazioni sportive: spese per la gestione degli impianti sportivi e per la partecipazione ad iniziative sportive.

Funzioni per la viabilità: spese per la manutenzione ordinaria delle strade, pagamento delle utenze per la pubblica illuminazione, spese per il verde pubblico, ecc.

Funzioni per la gestione del territorio: spese per servizio di urbanistica ed edilizia privata, spese per lo smaltimento dei rifiuti urbani e tutela dell’ambientale.

Funzioni per i servizi sociali: spese per l’assistenza sociale ed i servizi cimiteriali.

Funzioni per il commercio/turismo ed artigianato: spese per il sostegno al commercio, al turismo, ecc.

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Il Piano esecutivo gestionale (P.E.G.)

Sulla base del Bilancio di previsione annuale, deliberato dal Consiglio Comunale, la Giunta definisce, prima dell’inizio dell’esercizio, il cosiddetto P.E.G. (Piano esecutivo gestionale o di gestione).

Si tratta dell’atto con cui la Giunta trasforma gli stanziamenti di bilancio in obiettivi gestionali, cioè assegna le competenze ai singoli Responsabili degli Uffici comunali, indicando le risorse finanziarie necessarie per il raggiungimento degli obiettivi. In sostanza, è un documento che entra più in dettaglio di quanto faccia il Bilancio di previsione e, comunemente, si afferma che il PEG indica la “capacità di spesa” dei singoli Uffici comunali.

Nel prossimo posti parleremo dei Vincoli di Bilancio che per Legge devono essere tenuti presenti dall’Amministrazione nella predisposizione del Bilancio di previsione.

Josè Saramago: un amico del popolo viola

22 Giugno 2010 da sgur_di_tri

L’altro giorno (18 giugno) è venuto a mancare Josè Saramago (87 anni), scrittore portoghese Premio Nobel per la Letteratura nel 1998.

Forse non tutti sanno che Saramago era molto sensibile ai problemi dell’Italia di oggi, attivo per la rinascita del nostro Paese e vicino al popolo viola (qualcuno certamente ricorderà il suo intervento al “No B-Day” del Dicembre scorso, letto da una delle organizzatrici della manifestazione). Non solo, ma per certe sue posizioni sul tema della religione, è stato duramente attaccato dalle gerarchie ecclesiastiche.

Per conoscerlo meglio, propongo l’intervista concessa a Serena Dandini durante la trasmissione “Parla con me” andata in onda il 15 ottobre 2009 (l’intervista è preceduta da Alessandrao Mannarino che canta “Tevere Grand Hotel”).

Intervista a Josè Saramago a “Parla con me”.

Bilancio di previsione di un Comune – Parte III: le Uscite

8 Giugno 2010 da sgur_di_tri

Le Uscite sono le risorse (soldi) che il Comune prevede di spendere nell’anno. Nel Bilancio di previsione le Uscite sono suddivise per Legge in quattro grossi raggruppamenti detti “TITOLI” che a loro volta al proprio interno prevedono una successiva ripartizione in relazione alla loro diversa tipologia.

TITOLO I – Spese correnti
Sono chiamate così le spese per il funzionamento del Comune e la gestione dei servizi erogati dal Comune stesso, come asili, scuole, servizi sociali, cultura, stipendi al personale, gas, luce, spese ordinarie, ecc. (a questo Titolo dedicheremo in seguito uno specifico post).

TITOLO II – Spese in conto capitale
Sono le Spese dedicate agli investimenti, cioè per beni duraturi quali, ad esempio, la costruzione o la manutenzione straordinaria di opere pubbliche (strade, fognature, scuole, edifici pubblici in genere, ecc.), l’acquisto di immobili, oppure di beni strumentali (macchine, arredi, ecc.).

TITOLO III – Spese per imborso di prestiti
Si tratta in genere delle spese destinate al rimborso di quote di capitale dei mutui stipulati per pagare le opere pubbliche del Comune.

TITOLO IV – Spese per servizi per conto terzi
Sono le Spese che il Comune effettua per conto terzi (lo stesso importo lo troviamo sempre anche nelle Entrate). Di norma riguardano il riversamento agli Enti di competenza delle ritenute effettuate dal Comune come sostituto d’imposta (Inps, Inpdap, ecc.)

Disavanzo di amministrazione
Si ha un disavanzo di amministrazione quando, all’approvazione del rendiconto dell’ultimo esercizio chiuso, il Comune accerta un risultato contabile negativo (un deficit o come oggi comunemente viene definito un “buco di bilancio”). In pratica mancano i soldi per far fronte alle spese, per cui, per ripianarlo, occorre prevedere maggiori entrate o minori spese (vedasi artt. 186 e segg. del TUEL).

Adesso inseriamo i TITOLI delle Uscite nel nostro schema di Bilancio di previsione.

Entrate Uscite
I – Spesa corrente
II – Spese per investimenti
III – Spesa per rimborso mutui/prestiti
IV – Spese per servizi per c.to terzi
Disavanzo di amministrazione

Proviamo adesso a “comporre” il nostro Bilancio di previsione, affiancando i TitoliEntrate ai Titoli delle Uscite, ed ecco quello che ne risulta:

Entrate Uscite
I – Entrate tributarie I – Spesa corrente
II – Entrate da trasferimenti II – Spese per investimenti
III – Entrate extratributarie III – Spesa per rimborso Mutui/prestiti
IV – Entrate da alienazione (vendita) immobili e trasferimento di capitale IV – Spese per servizi per c.to terzi
V – Entrate derivanti da accensione di mutui e prestiti
VI – Entrate da servizi per c.to terzi
Avanzo di amministrazione Disavanzo di amministrazione

Nel prossimo post vedremo come i Titoli delle Entrate debbano avere, per Legge, specifici collegamenti con i Titoli delle Uscite.

A proposito di cultura

2 Giugno 2010 da Emilio Conti

Esattamente due mesi e mezzo fa scrissi un post con il quale segnalavo, ai nostri amministratori così attenti all’arte e alla cultura, come nel nostro paese ci fossero dei giovani molto bravi nello sfruttare e gestire in modo artistico le nuove tecnologie.

In quel post, che si intitolava Arte e cultura, non citavo i nominativi dei nostri concittadini soprattutto per un mio conflitto di interessi con uno di loro.

Oggi leggo che proprio il lavoro di cui avevo proposto uno spezzone in video farà parte del quarto appuntamento del Festival dell’illustrazione.1

Nemo propheta in patria? I miei complimenti alla cecità culturale belgioiosina.

  1. Perfect Echo, la nuova era del fumettoApre al castello di Pavia la mostra con le tavole originali disegnate da Strarosti La Provincia PAVESE del 2.06.2010 pag. 41 []