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Il giusto spirito

28 Gennaio 2012 da bsìa

ERA ORA!! FINALMENTE!!

Gli italiani, per il momento solo alcuni, si stanno svegliando dal loro atavico torpore e sembrano incominciare a rendersi conto della situazione in cui ci troviamo. Il giusto spirito con cui affrontare la situazione ha preso inizio l’altra sera e, spero, si diffonderà a macchia d’olio per tutta la Nazione.

Il grido liberatorio s’è levato durante una trasmissione TV quando un operaio disoccupato, rivolgendosi ad un politico, ha sacramentato:

NON ROMPERE I COGLIONI!

E ora mi aspetto che da tutta Italia un roboante grido si levi nell’aere:

AVETE ROTTO I COGLIONI!!!

E solo allora potremo con orgoglio cantare:

Fratelli d’Italia / l’Italia s’è desta 😉

P.S. L’ügä l’è dré marüdà! 😈

E se ci fosse dell’altro?

25 Gennaio 2012 da Emilio Conti

Assistiamo e assisteremo, in questi e nei prossimi giorni, ad una serie di manifestazioni di diverse categorie (taxisti, camionisti,  farmacisti, avvocati, ecc) contro le cosiddette “liberalizzazioni” che il governo “dei tecnici” (cosiddetti) sta portando avanti.

Dirò subito, a scanso di equivoci, che sono parzialmente d’accordo su quanto si sta facendo anche perché sono stanco di vivere in un paese dove non si fa altro che parlare di “libero mercato” (e certe categorie, come i commercianti al dettaglio, è da un po’ di tempo che sanno cosa significa il “libero mercato”) e poi si tollerano rendite di posizione ataviche indegne, non solo del libero mercato, ma di una nazione civile e moderna: corporazioni, monopoli privati (frutto di precedenti “liberalizzazioni” che han consegnato i monopoli di stato a monopolisti privati, esattamente il contrario di quello che prevede il “libero mercato”), albi professionali antistorici, barriere all’entrata (per quanto riguarda le cosiddette “professioni liberali”) che perpetuano le varie caste.

Avrei però molto da dire sul “come” queste liberalizzazioni vengono fatte. Ma il discorso diventerebbe troppo lungo. Vorrei invece soffermarmi sulla categoria dei taxisti. Come sapete è un corso un duro braccio di ferro  con questi lavoratori perché si vuole aumentare il numero delle licenze. La protesta scaturisce dal fatto che, a sentire loro, per avere una licenza i taxisti hanno dovuto acquistarla a caro prezzo da quelli che si sono ritirati dall’attività. E questo è senz’altro un problema reale che poteva essere evitato da uno Stato degno di questo nome: se per svolgere una determinata attività è necessaria una licenza rilasciata da un ente pubblico (Comune, Provincia, Regione o Stato), allora quando si cessa l’attività la licenza andrebbe riconsegnata all’Ente che l’ha rilasciata e non impossessarsene e farne merce da vendere. Ma siamo in Italia …

Come risarcimento del danno che subirebbe, ad ogni taxista verrebbe data una seconda licenza gratuita. La proposta è stata sdegnosamente rifiutata dalla categoria. Io invece penso sia stato un errore, perché, secondo me che notoriamente penso male, dietro a questa liberalizzazione ci potrebbe essere dell’altro. Facciamo un po’ di fantaeconomia politica.

Una delle voci che incide maggiormente sui bilanci dei Comuni è quella relativa al trasporto pubblico, notoriamente in perdita. Ora, immaginate che si voglia migliorare i bilanci riducendo drasticamente tram, autobus, linee della  metropolitana e relativo personale: come farebbe il cittadino a spostarsi in città messo di fronte alla drastica riduzione del servizio? Ho il feroce sospetto che si stia cercando, alla chetichella, di privatizzare il servizio pubblico dei trasporti: meno costi per gli enti pubblici e prezzo del trasporto scaricato interamente sul cittadino costretto a dover utilizzare l’unico mezzo rimasto disponibile: il taxi, appunto!

Se fossi un taxista, un pensierino alla seconda licenza gratuita ce lo farei.

Un declino che viene da lontano

11 Gennaio 2012 da Emilio Conti

di Marco D’Eramo1

L’inizio del declino italiano ha una data esatta ed è il 26 dicembre 1991. Quel giorno si sciolse ufficialmente l’Unione sovietica e finì la Guerra Fredda. Con la guerra fredda finì anche quella che potremmo chiamare l’eccezione italiana. Perché per 35 anni l’Italia era stata la frontiera geografica e politica dell’impero occidentale. Frontiera geografica (orientale) perché il blocco sovietico cominciava proprio sull’altra riva dell’Adriatico. Frontiera politica perché il Pci era il più forte partito comunista dell’Occidente. Quindi tutto fu messo in opera (e tutto fu consentito) perché l’Italia americana fosse una «success story».
Da qui il miracolo economico, da qui la straordinaria stabilità politica di un regime sostanzialmente monopartitico (i gabinetti cadevano sì uno dopo l’altro, ma a rotazione le poltrone erano occupate sempre dagli stessi).
D’altronde l’Italia non era sola: anche il Giappone si trovava in una situazione analoga: anch’esso era uno dei vinti della seconda guerra mondiale, anch’esso era una frontiera geografica dell’impero, stavolta occidentale, avendo dirimpetto Siberia e Cina. Anche in Giappone la sinistra era forte. Così non stupisce che i due paesi abbiano avuto per tutta la guerra fredda un destino parallelo: ambedue vissero un incredibile miracolo economico (il Giappone partiva da più in alto e quindi anche il suo miracolo lo portò più in alto); ambedue furono governati da un regime monopartitico (a Roma dalla Democrazia cristiana, a Tokyo dal Partito Liberal-democratico), ambedue erano caratterizzati da una forte commistione tra politica e criminalità (mafia in Italia, yakuza in Giappone).
E in ambedue i paesi il sistema entrò in crisi esattamente con la fine della guerra fredda: in Giappone esplose la bolla immobiliare e cominciò una recessione da cui non è ancora uscito; anche a Tokyo, come a Roma, il regime monopartitico entrò in crisi. A questi destini paralleli ha dedicato un volumone intitolato Machiavelli’s Children: Leaders and their Legacy in Italy and Japan (2003) lo storico Richard J. Samuels della Cornell University.
In Italia la fine della guerra fredda fu vero un terremoto politico con fortissime scosse economiche di assestamento. In Italia il Pci si era già sciolto pochi mesi prima, nel febbraio 1991. Ma nel giro di pochi mesi scoppiò Mani pulite e implosero tutti gli altri protagonisti della prima Repubblica: Democrazia cristiana, Partito socialista, socialdemocratici, liberali, repubblicani. Nessuna di queste formazioni sopravvisse.
Ma quel che a noi interessa è che allora finì l’eccezione italiana: non era più un paese chiave, non era più indispensabile né per gli Stati uniti, né per la Nato: diventava un alleato marginale tra gli altri, e sostituibile, in termini strategici da altri paesi dell’ormai ex est europeo: era un drastico downrating di status, da nevralgico pivot a periferia irrilevante. Fino ad allora era stato persino sopportato un primo ministro con legami di mafia. Ora poteva essere processato (anche se poi fu assolto). Fino ad allora l’establishment economico internazionale aveva accettato che l’Italia trasgredisse tutti gli accordi, svalutasse a ripetizione, s’indebitasse più di ogni altro paese occidentale (anche qui in parallelo col Giappone, che oggi ha un debito pubblico superiore al doppio del Pil). Nessuna agenzia di rating attaccò mai l’Italia che pure svalutava a go go (i meno giovani ricorderanno che alla fine degli anni 1970 erano addirittura scomparse le monete metalliche sostituite da mini assegnetti fai-da-te emessi dalle singole banche per 5, 10, 20 lire).
Oggi qualcuno rimpiange la «laicità» della Democrazia rispetto al servilismo attuale dei partiti verso la Chiesa, ma dimentica che allora la Dc doveva ubbidire a due padroni, Usa e Vaticano, e non a uno solo: e non sempre la diplomazia vaticana coincideva con quella statunitense, basti l’esempio del Medio oriente su cui infatti un politico come Andreotti aveva una posizione nettamente più filoaraba e meno filoisraeliana di quella americana. Ma con la fine della Guerra fredda, la Chiesa tornava a essere l’unica struttura insieme organizzata, presente sul territorio e portatrice d’ideologia. Da qui il revanscismo vaticano, la reconquista cattolica cui assistiamo.
Fino al 1991 la delocalizzazione e l’off-shoring erano stati mantenuti entro i limiti, proprio per non degradare l’economia e il mercato del lavoro di una marca di frontiera. Ma da allora non ci fu più nessuna remora. E da allora il Prodotto interno lordo del nostro paese è sostanzialmente piatto, è anzi arretrato con l’ingresso nell’euro. Ricordiamo che dal 1992 in poi, su mandato politico, l’Istat ha mentito sistematicamente sui dati dell’inflazione: mantenendoli più bassi del reale consentiva di pagare interessi minori sui Bot, di rivalutare meno le pensioni, di abbassare la scala mobile. Quando fu introdotto l’euro e i prezzi praticamente raddoppiarono d’un colpo (la parità nominale era 1 euro = 2.000 lire, la parità reale era 1 euro = 1.000 lire), l’Istat ebbe il coraggio di dirci che in quell’anno i prezzi erano aumentati del 4 o 5 per cento, se non ricordo male. Divenne un luogo comune dire che spendevamo in euro, ma guadagnavamo ancora in lire. A detta dello stesso ex ministro Giulio Tremonti, l’introduzione dell’euro provocò la più colossale redistribuzione di reddito della storia repubblicana, a scapito dei lavoratori dipendenti (operai, insegnanti, infermieri, ma anche professori universitari, giudici o diplomatici) e a favore del cosiddetto «popolo della partita Iva».
Come il Giappone, quando è scoppiata la crisi del 2007, anche l’Italia non si era ancora ripresa dalla degradazione decretata dalla fine della guerra fredda. Semmai, la nostra situazione era molto peggiore di quella giapponese perché erano già in calo tutti gli indicatori, dalla percentuale del Pil dedicata a ricerca e innovazione, alle spese di welfare, agli investimenti in grandi opere, all’acculturazione dei giovani, al mercato del lavoro). Ma quel che è successo potrebbe essere letto in modo ancora più impietoso: e cioè i favoritismi nei confronti del nostro paese avevano mascherato durante la guerra fredda la principale carenza di lunga durata dell’Italia, e cioè l’assenza di una classe borghese: in Italia ci sono moltissimi ricchi, come si è visto l’altro ieri a Cortina, ma questi ricchi non fanno classe. Da decenni non si vede nessun capitalista nostrano investire in università e ricerca. I ricchi d’oltreoceano finanziano Harvard, Yale, e persino i più reazionari tra loro sovvenzionano centri studi; da noi i Moratti, i Berlusconi e gli Agnelli comprano tutt’al più calciatori. L’assenza di una borghesia intesa come classe si ripercuote – sembra un’ovvietà – nella totale latitanza di uno «stato borghese», di una «legalità borghese». Nessun ricco italiano si sente membro della classe dirigente, come invece succedeva a quel giudice della Corte suprema statunitense che diceva «A me, come a tutti, scoccia pagare le tasse, ma è il prezzo che pago per la civiltà».

  1. il manifesto – 6 gennaio 2012 – La versione elettronica la potete visualizzare cliccando qui []

Ce la farà un’altra volta*

11 Dicembre 2011 da Emilio Conti

L’altra sera una conversazione, un po’ disordinata, con un vecchio amico, che di economia ne sa molto più di me, ma è piuttosto controcorrente.

“Questa situazione si caratterizza per il dilagare dell’allarmismo ed è un disastro. Leggiti quel che ha scritto Federico Caffè sui danni dell’allarmismo”.

Allarmismo perché?

“Non è affatto vero che lo stato non sarà in grado di pagare gli stipendi. E’ vero invece che questa manovra provocherà recessione. Nel 2012 il Pil può diminuire, certo non aumenterà e aggiungo che i regali alle imprese toglieranno stimolo all’aumento della produttività, che da molti anni è stagnante”.

In ogni modo ci siamo liberati di Berlusconi.

“Stai attento. Berlusconi tornerà. Napolitano ha sbagliato a indurlo alle dimissioni. Il lavoro sporco, i tagli doveva continuare a farli lui e a pagarne il prezzo. Il malcontento contro la manovra cresce e vedrai che nella prossima primavera Berlusconi provocherà la crisi di governo, si andrà alle elezioni e, con tutta probabilità, vincerà lui contro un Pd piuttosto disfatto. E’ da prevedere un calo della domanda e quindi recessione ma insieme un aumento dei prezzi e, quindi, anche inflazione. Come vedi un bel guaio. Sul terreno politico – non lo dico solo io – ci sarà un’ondata di populismo di destra e non è solo la Lega a puntarci. E avere deindicizzato le pensioni indebolirà la domanda e rafforzerà la protesta populista”.

Ma l’Europa?

“L’Unione europea sembra allontanarsi e crescono i conflitti interni. Pensa alla Germania. Nel frattempo abbiamo fatto fuori le banche centrali nazionali e l’euro rivela tutta la debolezza e i danni di essere una moneta senza sovrano. Nella norma è il sovrano che batte moneta e da noi c’è stata l’illusione che la moneta potesse battere (produrre) il sovrano.”

Come vedi il prossimo avvenire?

“Un po’ ti ho detto: recessione, inflazione, populismo di destra e il riemergere di Berlusconi, che darà tutte le colpe a Monti e ai suoi dirà di averli salvati dalla patrimoniale.”

* Titolo originale: Recessione e Berlusconi nel dopo Monti di Valentino Parlato – il manifesto 9.12.11

Un burattino?

6 Dicembre 2011 da Emilio Conti

Niente patrimoniale. Niente ICI alla Chiesa. Niente pagamento a carico Mediaset per le nuove frequenze.  Inchini davanti a Letta e a Berlusconi. In compenso, botte da orbi ai pensionandi e pensionati. Massacro ICI.

C’è da chiedersi se questo è un economista o un semplice ragioniere, e neanche tanto in gamba. O peggio, se non esegua il lavoro sporco al posto dell’ex-premier. Sì, se questo è un  economista io sono Superman. Infatti si è già acceso lo scontro, piuttosto feroce, non con i soliti economisti marxisti d’antan, ma con i suoi stessi amici bocconiani. Che questa manovra sia una truculenta versione di quella che aveva in mente il “buon” Tremonti, non c’è alcun dubbio. Ma il problema è: riuscirà nell’intento di sanare il bilancio italiano?

Rispondo NO, senza tema di smentita: questa non è niente altro che una manovra recessiva all’ennesima potenza. Non solo provocherà una riduzione dei redditi reali, ma arriverà pure a ridurli nominalmente. Peggiorando ancor più la situazione! E’ da un po’ di tempo che molti economisti, e di area liberale, stanno sostenendo che il problema dell’Italia non è tanto il suo debito quanto la mancanza di crescita. E il famoso professore, eccelso economista, cosa fa? Quello che non ha osato fare il governo precedente. Provvedimenti per la crescita? ZERO! Molto più semplice massacrare i soliti noti. B. aveva detto “niente patrimoniale” ed eccolo servito. Non si devono toccare le aliquote IRPEF sui redditi più alti, ordine eseguito. Mi raccomando, niente penalizzazione agli scudati, fatto! Mi chiedo che grado di autonomia decisionale abbia questo signore.

Ma c’è di peggio! Ieri sera capito su La7 sul programma di Gad Lerner “l’Infedele”. Si sta intervistando l’arcinoto giornalista Scalfari de “la Repubblica” che, incalzato dal conduttore, afferma che Monti “non poteva fare altrimenti“. Mi chiedo cosa avrebbe scritto l’illustre giornalista se una manovra simile l’avesse fatta Berlusconi. Si sarebbero aperte le cateratte del diluvio universale! E’ molto triste assistere al declino di certi personaggi senza che nessuno gli consigli amorevolmente che “sarebbe meglio andare in pensione”!

Un partito finito. E’ il PD che è andato a cacciarsi in un vicolo cieco (e non è la prima volta). Aveva la possibilità di andare alle elezioni anticipate che avrebbe stravinto. Ma se ci fossero state le elezioni, si sosteneva, il nostro paese rischiava di essere massacrato dai mercati. Vero, parzialmente. ma lo sarebbe stato, forse, solo per qualche mese (la Spagna insegna). Invece, come al solito, temporeggiano e si infilano in un vicolo con un’uscita molto stretta e faticosa, l’unica che potrebbe far recuperare in extremis il proprio elettorato: non votare questa manovra. Se, al contrario, lo faranno il partito è finito (vedere su Twitter cosa sta succedendo).

La colpa maggiore. Ma la colpa di quello che sta succedendo è tutta di Monti? Niente affatto. Buona parte la dobbiamo al nostro “caro” Presidente della Repubblica. Non è stato forse questo signore a nominare di gran carriera senatore a vita il sig. Monti e metterlo, immediatamente dopo, a capo del governo? Negli omicidi c’è sempre chi materialmente lo esegue (l’assassino vero e proprio) e, alcune volte, anche il mandante. Al processo le colpe sono uguali! E’ già la seconda volta che il nostro Presidente della Repubblica interviene pesantemente nella vita parlamentare italiana. La prima fu l’anno scorso quando diede un mese di tempo a Berlusconi, complice l’astuto Fini, per comprare a man bassa parlamentari ed evitare così la crisi di governo. Crisi che se fosse scoppiata allora non ci avrebbe messo in questa situazione. Grazie Presidente Napolitano.

Coraggio: siamo messi bene! 😥

I taglieggiatori

2 Dicembre 2011 da Emilio Conti

La cosiddetta “economia neoliberale” è un’ideologia che va di pari passo con la contrapposta “economia marxista”. Solo che una è stata sempre condannata, anche se alcune verità le aveva capite, mentre l’altra, altrettanto devastante, è stata esaltata. Ancora oggi, di fronte alle macerie che la cosiddetta “globalizzazione”, figlia del neoliberismo, ha provocato, siamo ancora qui a sentirci propinare ricette salvifiche da economisti succubi di tale ideologia.

Quando Berlusconi, finalmente, si è deciso a dimettersi, penso che tutti abbiamo tirato un sospiro di sollievo, Non se ne poteva proprio più. Solo che il sospiro è durato il tempo di un sospiro, appunto. L’annuncio del cosiddetto governo dei tecnici capitanato da Monti, cioè da un economista neoliberista, mi ha fatto squillare un bel campanello d’allarme. L’unica nota positiva che gli riconosco è quella di non essere un politico e quindi di avere, se non altro, onestà intellettuale. Ma anche questa qualità sembra essersi dispersa quando ho visto l’elenco dei ministri formata da nomi di persone con conflitti di interesse uguali, se non maggiori, a quelli del precedente premier. Per non parlare dei nomi dei sottosegretari: gente inquisita, gente legata a doppio filo con il precedente governo… Una delusione totale.

Delusione divenuta cocente quando, proprio in questi giorni, si sono diffuse le prime indiscrezioni sulle manovre economiche da adottare per arrivare al così sospirato “pareggio di bilancio” (ideologia pura).

Ed ecco, come al solito, spuntare il solito attacco al sistema pensionistico. Con un’aggravante: adesso vorrebbero pure bloccare completamente il recupero dell’inflazione. Non è bastata la sforbiciata Tremonti di qualche tempo fa: bisogna perseverare. Ma proprio questo provvedimento mette in evidenza una clamorosa contraddizione proprio dell’ideologia neo-liberale.

La BCE (Banca Centrale Europea) fu creata per attuare la politica monetaria per i paesi che aderirono all’Euro. Lo scopo precipuo della BCE è quello di “tenere sotto controllo i prezzi”, cioè l’inflazione (vedi qui)! Il tabù dell’inflazione, causa di ogni male, è stato esteso anche ai paesi membri che, tramite i loro governi, avrebbero dovuto adottare tutte quelle misure per fronteggiare questo novello Moloch. E anche il nostro paese, governi di destra o governi cosiddetti di sinistra, avrebbe dovuto impegnarsi in tal senso.

Il problema è che l’Italia non c’è riuscita. L’inflazione, infatti, era arrivata l’estate scorsa già al 3%. Ma c’è di peggio: non solo il governo non è riuscito a contenere l’inflazione, ma ne è stato addirittura il promotore. La causa maggiore dell’inflazione in Italia è provocata dal governo e dagli enti pubblici locali (regioni, provincie e comuni). Limitiamo l’analisi al governo precedente. Ha aumentato l’IVA  e questo si traduce inevitabilmente in un aumento dei prezzi. Ha aumentato le accise, quindi ancora aumento dei prezzi dei beni colpiti da questa imposizione (i carburanti). Ha aumentato i ticket sanitari con una manovra da autentico taglieggiatore.1

Ricapitolando: non solo il governo italiano non ha combattuto efficacemente l’inflazione, ma l’ha provocata, tanto che adesso, dal 3% di questa estate, si è arrivati al 3,4%. E siccome la causa dell’aumento dell’inflazione è la sua, adesso vuole impedire ai pensionati di recuperare parte di quello che “loro” hanno provocato. I mafiosi che riscuotono il pizzo è gente migliore di questi corsari che cercano di sfilarti i soldi dalle tasche e in più pretendono pure di farti credere che lo fanno per il tuo bene!

E’ da un po’ di tempo che mi sto chiedendo quando la gente si deciderà a scendere in strada a far piazza pulita di tutta questa gentaglia.

Il provvedimento non è ancora stato preso. Non ci resta che sperare in un ravvedimento dei cosiddetti “tecnici”.

  1. L’ottimo Tremonti, infatti, non ha aumentato il valore dei ticket sanitari: i ticket sono rimasti invariati, ma ci hanno messo sopra una tassa. Qualcuno dirà: “che differenza c’è tra pagare un ticket che è passato da 10 a 15 euro, invece che pagare un ticket di 10 euro gravato da una tassa di 5 euro? Sempre 15 euro devo scucire!”. Certo, solo che i ticket danno diritto al recupero del 19% in dichiarazione dei redditi, quindi se il ticket passa da 10 a 15 euro, il 19% lo si recupera su tutti e 15 gli euro; mentre con la tassa lo si recupera solo sui 10. Doppia fregatura, tipica del sig. Tremonti []

Sono arrivati i tecnici!

22 Novembre 2011 da Emilio Conti

200 vs 72.000

3 Novembre 2011 da Emilio Conti
Inghilterra Italia
Nr. auto Blu 195 72.000
Nr. addetti 239 35.000
Costo complessivo 7 milioni £ 1,850 miliardi €

I dinosauri

20 Ottobre 2011 da Emilio Conti

Essere governati da dinosauri non potrà che riportarci alla preistoria.

Servizio pubblico

11 Ottobre 2011 da Emilio Conti

www.serviziopubblico.it