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Sfortunate combinazioni

10 Dicembre 2012 da Emilio Conti

La Storia insegna che quando si arriva a una determinata situazione la colpa non va mai ricercata in un singolo accadimento, ma è il risultato dell’accumularsi di avvenimenti successivi.

In questi ultimi anni noi italiani abbiamo avuto la “sfortuna” di essere stati governati da un incapace (o meglio. da uno capacissimo di farsi gli affari suoi) che  ha portato, ma non è solo colpa sua, la nostra nazione sull’orlo del baratro. Contemporaneamente abbiamo avuto la sciagura di avere, quello che personalmente considero, almeno da quando ho coscienza politica, il peggior Presidente della Repubblica che l’Italia abbia avuto, che ha inanellato una serie di svarioni da far impallidire quelli dello stesso B. Cercherò di argomentare il motivo di una così pessima valutazione.

Leggi vergogna – Napolitano ha firmato senza indugio quasi ogni legge che gli veniva sottoposta dal governo Berlusconi. Firmava tutto. Qualcuno sosteneva che se gli avessero sottoposto pure una cambiale in bianco, avrebbe firmato pure quella. Qualche giornale all’epoca sostenne, Costituzione alla mano, che un Presidente della Repubblica poteva anche rifiutarsi di firmare. Ma per Napolitano, una stampa mai così pronta a prenderne le difese (e sto parlando dei maggiori quotidiani: Corriere, Repubblica, Stampa) si inventò il ritornello che “il Presidente può rifiutarsi da firmare una legge solo se palesemente incostituzionale”. Una palla colossale, perché la nostra Costituzione dice semplicemente che il Presidente può rifiutare la firma motivando le ragioni del rifiuto. Da notare che successivamente la Corte Costituzionale dichiarò incostituzionali molte di quelle leggi, e allora uno si chiede: ma se il presidente poteva rifiutare la firma se palesemente incostituzionale perché non lo ha fatto? Incapacità di distinguere una legge costituzionale da una che non lo è? Poi salta fuori la storia che, comunque, le leggi respinte dal Presidente della Repubblica, se gli vengono riproposte, lui le deve firmare obbligatoriamente. Verissimo. Ma non è un buon motivo per firmare velocemente tutto. C’è una bella differenza, dal punto di vista simbolico, tra il firmare una legge immediatamente e il firmarla perché si è obbligati. E questo fu uno degli altri argomenti usati dalla stampa per difendere Napolitano. Ve lo ricordate quando redarguì, puntandogli il dito contro, un povero pensionato che gli chiedeva di non firmare una delle tante leggi vergogna? Un episodio che rimarrà scolpito nella mia mente per sempre.

Fini se ne va – Dopo un furibondo scontro con Berlusconi (“Che fai? Mi cacci?”) Fini decide di uscire dal governo. È il novembre del 2010. Dopo un fatto simile, che prefigura la caduta del governo stesso, si sarebbe dovuto andare in Parlamento e chiedere la fiducia che, in quel frangente, sarebbe stata negata e si sarebbe andati alle elezioni anticipate. Ricordate bene la data perché l’attacco speculativo all’Italia non partirà che nel luglio dell’anno successivo, il 2011. Ma cosa fa Napolitano? Commette un errore madornale: anziché andare subito al voto di fiducia, non si sa con quali argomentazioni, convince Fini a rinviarlo di un mese. Un errore madornale perché darà il tempo a Berlusconi di “comprarsi” alcuni parlamentari (ve lo ricordate Scilipoti?) ed ottenere, seppur di misura, la fiducia. L’errore è madornale soprattutto perché la speculazione non c’era e le elezioni si sarebbero svolte pacificamente e sarebbero stati i cittadini italiani a decidere da chi essere governati. E invece no! Il governo B. si trascinerà malamente, e trascinerà l’Italia vicino al baratro, fino al novembre del 2011. In sostanza, con quella mossa, Napolitano è la concausa del disastro fatto da Berlusconi.

Governo Monti – Messo alle strette dall’Europa e, forse, divenuto consapevole dell’errore, nel novembre dell’anno scorso Napolitano convince B. a farsi da parte e compie una manovra se non ai limiti del golpe (come qualcuno ha sostenuto), sicuramente poco democratica: fa senatore a vita il rettore della Bocconi, il Prof. Monti, dandogli l’incarico di formare un nuovo governo, quello che ci sta ancora governando. Altro errore, perché sulle modalità dell’insediamento di Monti si può anche discutere, ma se formi un governo diverso ma mantieni lo stesso Parlamento è abbastanza evidente che il nuovo governo resterà sotto ricatto della maggioranza belusconiana. Inoltre, di Berlusconi si possono dire le cose peggiori, ma è una persona che è stata eletta in elezioni democratiche, e non è stata imposta dall’alto. Quello che ha fatto, ma, soprattutto, quello che NON ha fatto il governo Monti l’abbiamo sotto agli occhi. L’unico risultato positivo è che Monti, non essendo una persona screditata come B., ha ridato all’Italia un’immagine migliore e per questo motivo, e solo per questo, che la speculazione che da una anno a questa parte stava martellando il nostro paese, ci ha dato un po’ di tregua. Il disastro sociale, però, che il governo Monti ha provocato è sotto agli occhi di tutti.

Napolitano e la magistratura – La Procura di Palermo nel corso dell’indagine della”Trattativa Stato-mafia” si imbatte nelle intercettazioni telefoniche tra Mancino, indagato e privato cittadino, con la Presidenza della Repubblica e con il Presidente stesso. Si scatena il finimondo. La solita stampa amica martella la pubblica opinione sostenendo che il Presidente NON può essere intercettato! Sorvola sul fatto che NON era il Presidente ad essere intercettato, ma Mancino. Non c’è verso: quelle (del Presidente della Repubblica) registrazioni andavano immediatamente distrutte. Anche in questo caso una palla colossale. Allora Napolitano cosa fa? Solleva il conflitto di attribuzione presso la Consulta. Uno dei massimi costituzionalisti italiani, Gustavo Zegrebelsky, anticipa il verdetto: la Consulta non potrà dare torto al Presidente della Repubblica. E così è stato! Con la conseguenza che adesso abbiamo un Presidente che ha le stesse prerogative di segretezza sul suo operato di un monarca medievale. Non solo, un comportamento simile dà adito alle più maligne interpretazioni. Ma il rapporto di Napolitano con la magistratura non è mai stato molto idilliaco, va ricordato il suo intervento nell’inchiesta dei pm di Salerno contro i pm di Catanzaro per “leggere gli atti” che non rientra assolutamente nei compiti istituzionali di un Presidente della Repubblica. Perché lo ha fatto?

Legge elettorale – È un continuo “monitare” affinché il Parlamento modifichi la legge elettorale. C’è chi sostiene che Napolitano sia terrorizzato all’idea del numero di eletti nel Movimento a 5 stelle che potrebbero entrare in Parlamento se dovesse rimanere l’attuale legge, carinamente soprannominata “porcellum”. I suoi interventi sono stati talmente frequenti che la Bonino non ha esitato a definire il comportamento del Presidente come vero e proprio stalking istituzionale. Ma un Presidente non deve continuamente interferire con i lavori del Parlamento.

Decreto salva ILVA – Sulle vicende giudiziarie dell’ILVA e dei suoi padroni, la famiglia Riva, non mi dilungherò perché il fatto è talmente recente che è a conoscenza di tutti. Per far continuare l’attività dell’acciaieria, però, bisogna annullare le decisioni della magistratura e il governo Monti ha preparato un decreto che permetterà il dissequestro degli impianti. Da tutti i costituzionalisti questo decreto è stato giudicato incostituzionale, ma a quanto è dato sapere, sembrerebbe che il Capo dello Stato sia intenzionato a firmarlo (è più forte di lui). Dov’è la stampa amica che sosteneva che non bisogna firmare solo se una legge è palesemente incostituzionale? Questo decreto lo è, facciamo finta di niente?

Ritorno in campo – Due giorni fa, a sorpresa (si fa per dire), B. proclama di ri-ri-ri-ridiscendere in campo. Monti, tipo alquanto permaloso (dicono) e forse stanco dei ricatti a cui è sottoposto dalla componente berlusconiana in Parlamento, decide di dimettersi  appena approvata la legge di “stabilità”, di fatto terminando anticipatamente, a quanto convenuto e sperato da Napolitano, la legislatura. Dicono che Napolitano non sappia più che pesci pigliare e si sia preso una settimana di tempo per meditare. Chi è causa del suo mal … Il fatto è che il “mal” è soprattutto quello dei cittadini italiani.

Conclusione: personalmente nell’operato di questo Presidente io vedo solo ombre, non so voi. Di sicuro una buona parte della situazione in cui versiamo è anche causa delle decisioni prese da Napolitano. Tra poco scadrà il suo mandato. Si chiuderà una parentesi. La prossima sarà migliore?

Italia funebre!

23 Novembre 2012 da Emilio Conti

Diritto alla salute?

23 Novembre 2012 da Emilio Conti

La nostra Costituzione all’articolo 32, al primo comma, recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

Due sono quindi gli aspetti enunciati: innanzitutto che la salute DEVE essere tutelata in quanto DIRITTO FONDAMENTALE di ogni individuo; secondariamente che lo Stato (meglio la Repubblica) deve garantire cure gratuite agli indigenti. E qui sorge il primo problema: come viene stabilito il livello di indigenza? In un periodo in cui gli italiani si stanno velocemente impoverendo questo limite verrà aggiornato oppure rimarrà invariato così da escludere fasce sempre più ampie di cittadini?

Che la nostra Costituzione sia da tempo svillaneggiata proprio da coloro che per primi dovrebbero osservarla, se non altro per dare l’esempio al cittadino comune, ormai è un dato di fatto. Per cui perché dovremmo ancora meravigliarci o indignarci?

Perché, a mio avviso, ci sono aspetti che proprio non riesco a digerire e che, a parere di un inesperto di diritto pubblico come il sottoscritto, violerebbero la Costituzione. Alcuni giorni fa, il Fatto Quotidiano del Lunedì (che è un’edizione completamente diversa da quella quotidiana) ha pubblicato un’inchiesta sulla sanità nel nostro paese. Tra le varie tabelle in essa riportate ce n’è stata una, quella che riporto più sotto, che conferma un dubbio che da tempo mi rode: com’è possibile che rispetto al dettato costituzionale, che riconosce ad ognuno il diritto alla salute, si possa permettere che a pari prestazioni sanitarie possa corrispondere un costo (ticket) diverso? Non è una discriminazione che di fatto può penalizzare/favorire un cittadino della REPUBBLICA ITALIANA solo per il fatto che risieda in una regione anziché in un’altra? Perché, in sostanza, un cittadino del Friuli paga 46 euro di ticket, mentre per la stessa prestazione un lombardo ne pagherebbe 66,15 o un toscano 70,00? Ha più diritto alla salute il friulano? E se sì, in base a cosa? Qualche zuzzerellone potrebbe rispondere: ma benedetto uomo, perché la sanità è stata messa a carico delle regioni e, dal momento che queste hanno una loro autonomia, decidono quello che vogliono!

Certo, però io sostengo che, con riferimento alla sanità, questo comportamento è in contrasto con quanto dispone la Costituzione in quanto la diversità dei ticket sanitari di fatto si traduce in una discriminazione al DIRITTO alla salute.

Ripeto, non sono un esperto, però …

 
Regione Costo ticket in euro
Friuli Venezia Giulia 46
Trentino Alto Adige 36,15
Veneto da 36,15 fino a 46,15
Valle d’Aosta 36,15
Piemonte da 36,15 fino a 66,15
Lombardia da 36,15 fino a 66,15
Liguria 46,15
Emilia Romagna da 36,15 fino a 70,00
Toscana da 36,15 fino a 70,00
Marche 46,15
Umbria da 36,15 fino a 70,00
Abruzzo 46,15
Molise da 46,15 fino a 61,15
Lazio da 46,15 fino a 61,15
Sardegna 47,15
Puglia 46,15
Campania da 56,15 fino a 70,00
Basilicata da 36,15 fino a 66,15
Calabria 46,00
Sicilia 46,15

Nota: la tabella suddetta è stata tratta da Il Fatto Quotidiano del lunedì – 19.11.2012

Rassegnazione

11 Ottobre 2012 da Emilio Conti

“Una destra di malviventi, una sinistra complice, una democrazia sospesa, partiti arroccati nell’obiettivo di stroncare le istanze di novità (…)”. È la triste conclusione1 a cui sono giunti alcuni giornalisti stranieri al Festival di Internazionale a Ferrara. Un’analisi spietata a cui da tempo ero arrivato anch’io, soprattutto nel passaggio, riferito solo ai partiti ma che io estendo anche a quasi tutti i gruppi dirigenti, di un mancato rinnovamento. Se le classi dirigenti non si rinnovano (ringiovaniscono) è inevitabile che una nazione si fermi, che si incistino posizioni e relazioni che poi, come una cisti, per essere eradicate necessitano di un intervento chirurgico.  Ci sarà pure un motivo per cui i marescialli dei carabinieri, a capo di una stazione, vengono sostituiti dopo un determinato numero di anni. E lo stesso dicasi dei direttori, di filiale o agenzia, delle banche. Il motivo è facilmente intuibile: se una persona la lasci troppo a lungo in un posto, le relazioni da questa intrattenute si rafforzeranno sempre più fino a portare a potenziali comportamenti che possono infrangere i doveri che la loro carica impone.

Com’è possibile, quindi, pretendere che una classe politica invecchiata, i cui componenti sono in Parlamento da decenni, abbia la necessaria apertura mentale di adeguarsi alle novità e alle necessità che il progresso impone? Alcuni lo faranno, ma sarà solo una minoranza. Sarebbe necessario cedere il posto ai giovani, ma è quello che proprio non si vuole. Se per carabinieri e direttori di banca si attua il ricambio ciclico, perché lo stesso non dovrebbe valere per i politici?

Prendiamo ad esempio il computer e l’Internet. Molto spesso ho sentito politici che non solo dichiaravano pubblicamente di non usare un PC, ma che addirittura ne menavano vanto (un nome a caso: D’Alema)! E cosa mai ne capirà, di informatica, un capo dello Stato (ma non solo lui) di ottantasette anni? Saprà come funziona Facebook, o Twitter? Cos’è un data base? Qualcuno dirà “Ma ci sono gli esperti, basta che ne interpellino qualcuno!”. Già, sarebbe troppo facile e bello, solo che poi scoprirebbero la loro sconvolgente inadeguatezza (e l’inadeguatezza dei tirapiedi che loro stessi hanno piazzato in posti di comando) e ci rimarrebbero molto male. Meglio di no!

Rimanendo nel campo dell’Internet e della banda larda, qualche giorno fa la Broadband Commission for Digital Development delle Nazioni Unite ha presentato il rapporto State of Broadband 2012 che valuta i progressi fatti da vari paesi nella diffusione della banda larga, da cui si viene a conoscenza, ma già lo sapevamo, della scarsa penetrazione della banda larga in Italia che si attesta al 22,8% e ci pone al 29° posto nel mondo, preceduti da tutti i paesi OCSE e che ci vede “prevalere”, in Europa, solo su Grecia, Portogallo, Repubblica Ceca, Ungheria, Lituania e Bielorussia. E poi: solo il 56,8% degli italiani  usa l’Internet! Già questi pochi dati bastano e avanzano per dimostrare il grado di arretratezza del nostro paese. Ma la cosa interessante, e veramente preoccupante, che quel rapporto mette in evidenza è la relazione che intercorre tra la diffusione della banda larga e la crescita della produttività.  Ad esempio, in base alla diffusione della banda larga, tra il 1998  e il 2007 la Svezia ha avuto una crescita della produttività annua del 2,43%. Da noi, nello stesso periodo, la crescita è stata dello 0,39% contro una media OCSE del 1,66%. Ma non basta. Già nel 2010 la Banca Mondiale aveva calcolato che ad ogni incremento del 10% della diffusione della banda larga corrisponde una crescita del PIL dell’1,21% nei paesi sviluppati e dell’1,38% in quelli in via di sviluppo. E da noi? Da noi si allunga l’età pensionabile così ancor meno giovani entrano nel mondo produttivo!

Ma non è solo una classe politica formata, per la maggior parte, da uomini di paglia messi lì dalle varie associazioni criminali (mafia, ‘ndragheta, camorra, ecc.), dai soliti potentati economici e dalle banche, e dal Vaticano, che blocca l’evoluzione della nazione, ma anche, tanto per non farci mancare nulla, una burocrazia ferocemente ancorata a pratiche di tipo borbonico. Per rendervi conto delle procedure da vero e proprio delirio che allignano negli uffici della pubblica amministrazione, vorrei raccontarvi un fatto accadutomi di recente.

Circa due anni fa, esattamente agli inizi di dicembre del 2010, ricevo una raccomandata dall’Ufficio delle Entrate. All’interno trovo una comunicazione che mi informa che dovrei versare all’erario circa 500,00 euro, tassa relativa al TFR. In allegato, per la gioia mia e di ogni contribuente, un bel modulo F23 già compilato con la cifra da versare. Rimango perplesso, perché la tassazione del TFR è stata effettuata, a suo tempo, dall’istituto di credito presso cui lavoravo. Possibile, mi chiedo, che la banca, solitamente così precisa, abbia potuto sbagliare? Mi rivolgo al sindacato per avere lumi. Dopo un paio di giorni mi rispondono che devo pagare a seguito della legge xxx (non me la ricordo più)! OK, che ci sia una legge mi sembra scontato, ma cosa dice quella legge? Non che non mi fidi del mio sindacato, ma voglio approfondire. Mi reco all’Ufficio delle Entrate di Corteolona, dove lavorano alcuni conoscenti, per chiedere maggiori dettagli. Mi rivolgo all’impiegato che mi stampa la legge e me la spiega. Infatti quell’ottimo ministro che fu Tremonti, più o meno alla chetichella aveva modificato il metodo di calcolo dell’aliquota da applicare ai TFR, ovviamente modificata ad arte per aumentarla. Che fosse stata una legge passata alla chetichella lo dimostra il fatto che anche la banca, di solito precisissima, non se ne era accorta e aveva applicato il vecchio metodo. Conclusione: quella era la differenza che spettava all’erario e che dovevo versare. Controllando la mia posizione contributiva, il suddetto impiegato, per verificare l’importo dovuto, scopre che l’erario deve al sottoscritto circa 800,00 euro. Cioè che sono creditore verso lo stato. Una bella notizia! OK, devo pagare 520,00 ma ne devo incassare 800,00. Vado in banca con il mio F23 e pago. Tra fine primavera e inizio estate (periodo di solito deputato ai rimborsi erariali) del 2011 aspetto fiducioso l’arrivo del vaglia della Banca d’Italia con i miei 800,00 euro. Niente, non arriva niente. Sarà per l’anno prossimo! Ma anche quest’anno non vedo niente. Arrivo a fine settembre e decido di andare a vedere cosa sia successo, anche perché mi viene il dubbio di aver frainteso. Mi reco all’Ufficio delle Entrate di Corteolona, parlo con il solito impiegato (che fortunatamente è ancora lì) ricordandogli brevemente l’episodio. Va al computer, controlla la posizione contributiva e mi conferma che devo incassare 800,00 euro. Gli chiedo come mai, a distanza di due anni, non ho ancora ricevuto il rimborso. La risposta è lapidaria: non si tratta di un rimborso automatico, ma occorre fare domanda di rimborso!!!

Alcune considerazioni. Com’è possibile, nel ventunesimo secolo, non poter compensare le tasse? Un tema questo che è molto sentito, ma che, a quanto pare, nessuno sembra voler risolvere. Ma la questione ancor più delicata è un’altra: se non avessi ricevuto quella richiesta di pagamento, se mi fossi fidato ciecamente del sindacato e avessi versato l’importo senza approfondire, che fine avrebbe fatto il mio credito? Possibile che l’erario non si degni neanche di avvertire il contribuente degli importi a credito? Com’è possibile che coesistano rimborsi automatici e rimborsi su richiesta? E se non richiedi? Ma come fai a richiedere se nessuno ti avverte? Ecco questo è un esempio di stato borbonico, ma forse sarebbe meglio usare il termine feudale.2

Volete un altro esempio? Guardate questo video!

E’ quindi evidente che con queste premesse la nostra nazione non ha alcun futuro. Per risolvere il problema bisognerebbe fare una “strage” dell’attuale classe dirigente. Cosa che vedo molto, ma molto difficile! Sono un pessimista? Sì!

P.S. La domanda per il rimborso l’ho fatta in questi giorni e … sorpresa! Ho scoperto di avere un altro credito d’imposta. Provvederò a fare domanda anche per quello. Però che fortuna ho avuto! Se non m’avessero richiesto di pagare, chissà che fine avrebbero fatto quei soldi! Non c’è che dire: uno stato moderno. All’avanguardia! 😐

  1. Riportata nell’articolo “Italiani, siete senza speranza” su il Fatto Quotidiano del 6.10.12 []
  2. Ovviamente non ce l’ho con gli impiagati dell’Ufficio delle Entrate, che sono stati gentili e premurosi. Loro applicano solo i loro regolamenti interni. []

Gli squali dell’Emporio Ambrosetti

10 Settembre 2012 da Emilio Conti

di Alessandro Robecchi – www.alessandrorobecchi.it

I banchieri, gli imprenditori, i finanzieri, i geni dell’economia di mercato e gli altri guru del disastro riuniti al famoso Workshop Ambrosetti vorrebbero un governo Monti-bis. E’ come se la vasca dei pescecani dell’acquario di Genova votasse “Lo squalo” per la nomination all’Oscar. Ora, io non so cosa vende esattamente l’Emporio Ambrosetti elegantemente allestito a Cernobbio. Probabilmente vende previsioni macroeconomiche sul futuro del mondo. Una merce piuttosto deperibile, a giudicare dalle previsioni passate. Basta scorrere la rassegna stampa delle ultime edizioni per farsi quattro risate: “Imprenditori e banchieri: torna l’ottimismo”, titolava il Corriere nel 2010. E Il Sole 24 Ore nel 2009: “Ritorno alla crescita tra due anni”. E Tremonti nel 2008: “Lo sviluppo è anche il nucleare”. E Il Messaggero nel 2010: “Meno tasse per il rilancio”. E Mario Monti nel 2008: “L’UE allargata è più sicura”. Insomma, ne avessero azzeccata una che è una, anche per sbaglio, anche per caso, per culo, per avventura o per la legge dei grandi numeri. Invece: niente. I giornali che seguono l’evento come se fosse una riunione di infallibili sciamani ebbri d peyote, continuano a registrare quelle previsioni come oro colato e a usare frasi come “Gotha dell’economia” e “Salotto buono della finanza”. I nomi, più o meno, sono sempre quelli: i grandi banchieri sono sempre loro, gli illuminati imprenditori pure, gli astuti finanzieri sono sempre gli stessi, i geniali economisti anche, e al massimo può succedere che qualche banchiere si ripresenti in veste di ministro, o qualche professore coi i galloni di premier.

Chissà, forse è all’Emporio Ambrosetti che si avvera il famoso miracolo italiano. Perché anche chi vive dando i numeri del Lotto ogni tanto è tenuto ad azzeccarne uno. Persino nelle tribù del Borneo lo sciamano viene cacciato dopo aver sbagliato troppi vaticinii. A Cernobbio no: tutti aspettano con ansia, annuendo, le nuove mirabolanti previsioni del “Gotha dell’economia”. Fossimo sani di mente, dovremmo annuire anche noi. E poi fare esattamente il contrario.

Chi ci governa?

3 Agosto 2012 da Emilio Conti

Alcuni amici mi hanno segnalato il video che propongo di seguito. Al momento non posso affermare che quello che sostiene il giornalista sia vero: però che sia verosimile, sì! Le argomentazioni sono intriganti e anche disperanti. Il video è piuttosto lungo, dura attorno ai 42 minuti. Ma sono 42 minuti che meritano di essere ascoltati interamente. Credetemi, ne vale veramente la pena.

Le parole per dirlo

21 Maggio 2012 da Emilio Conti

di Alessandro Robecchi – www.alessandrorobecchi.it

Falcone, Morvillo, scuola, ragazzi, mattina, cassonetto, bomba, bombe, schegge, sangue, sirene, sangue, prof, genitori, bidelli, ospedale, mafia, Italia, allarme, orrore, paura, retorica, sangue, notizie, altre notizie, accertamenti, autorità, Melissa, 16 anni.

Eversione, terrorismo, sangue, emergenza, Stato, mafia, ricatto, spavento, orrore. Piazza Fontana, piazza della Loggia, Italicus, Ustica, Capaci, Genova 2001, Brindisi.

Il Paese si rinnova. Cordoglio, lacrime, dichiarazioni, ministri. Crisi, tangenti e bombe ieri. Crisi, tangenti e bombe oggi. La madre di tutte le preoccupazioni, il rischio eversione, l’allarme sociale, nuovi e vecchi classici. Mafia, l’evergreen.

Sangue, schegge, bombole del gas, il nostro posto nell’Europa, il nostro posto nella crescita, il nostro posto nel rigore, il nostro posto nella merda. Bombe sangue, scuola, mattina, ragazzi, spavento.

La risposta, l’indignazione, un fatto anomalo, un fatto grave, un’enormità, un cadavere. Due cadaveri. No, uno. No, due. Le foto di Facebook, l’archivio dei giovani viventi, l’archivio dei giovani morenti. L’ospedale. Il Sud. Il Nord. I feriti. La legalità, la gente, il raccoglimento, la rabbia. Le autorità, la vigilanza, l’attenzione, l’allarme, l’eversione, gli informali, i servizi, lo Stato, la mafia, le bombole e il cassonetto, i silenzi, le parole.

Coi giovani, per i giovani, il futuro dei giovani. Ecco. Le scritte sui muri, il terrore, il terrorismo, i terrorizzati. I titoli, le riflessioni, le prediche, i funerali, le vittime, i parenti delle vittime, le richieste di giustizia, gli appelli, i richiami, i moniti, i severi moniti, gli angosciati moniti.

La calma, il silenzio, le indagini, i verbali, gli anni, i secoli, i millenni, i brandelli di verità, i brandelli di corpi, le schegge, il sangue da capo.

Insomma, il Paese su cui si infierisce, inferto, autoinferto, mutilato, povero, licenziato, esodato, ammazzato, stramazzato, suicida, stanco.

Tutto questo e ancora e ancora e ancora e di nuovo e di nuovo e di nuovo un’altra volta e un’altra e un’altra volta ancora. In Italia. Qui. Barbarie tanta, socialismo zero. E avanti così. Per sempre.

25 aprile

25 Aprile 2012 da Emilio Conti

W

il 25

aprile

Porca Troika!

20 Febbraio 2012 da Emilio Conti

di Alessandro Robecchi – www.alessandrorobecchi.it

Luciano Violante disegna l’architettura della terza Repubblica. E’ come se l’uomo di Neanderthal, finito di scheggiare una pietra avesse detto: “Bene, fatto! Ora andiamo sulla luna!”. Era lì nella prima Repubblica, era lì nella seconda, e ora lavora alacremente alla terza. In compagnia, dicono le cronache politiche, di Quagliariello, Adornato, Bocchino e Pisicchio, come dire i Brutos che tentano di scrivere l’album bianco dei Beatles. Auguri. Le tre maggiori formazioni politiche, che fino a ieri dialogavano a colpi di merluzzi in faccia, provano ad allearsi per un luminoso futuro. Una specie di Troika che si prepara a ricevere e accontentare la vera Troika (Ue, Fmi, Bce), la quale darà ordini secchi e ultimativi come sta facendo in Grecia e come farà in Portogallo.

Dicono i bene informati che l’alleanza è obbligatoria: la popolarità dei partiti è al minimo storico e continuare a litigare sarebbe deleterio. Dunque avremo probabilmente una riforma istituzionale (e forse pure una riforma elettorale) costruita da tre balene spiaggiate e agonizzanti convinte che mettendosi insieme potranno dare vita a un giovane, guizzante e vivace delfino. Auguri di nuovo. A tirare il gruppo sarebbe il partito di Angelino Alfano, quello che affida a Denis Verdini l’operazione trasparenza sul tesseramento farlocco del Pdl, un po’ come chiedere a Barbablù di gestire i corsi prematrimoniali nelle parrocchie. Poi c’è il Pd, la cui base non sa più come dire al vertice che di fidanzarsi con l’Udc non ne vuole sapere. Gliel’ha detto in milanese, in genovese, ora proverà con il sanscrito e con lo swahili, non si sa mai.

Geni di complemento, i famosi centristi, quelli che vanno su tutto, come il beige, e tra cui allignano micidiali talenti politici capaci di farsi fregare 13 milioni sotto il naso senza nemmeno accorgersene. Ecco, questi qui faranno la terza Repubblica, mentre un paese sempre più impoverito e diseguale assiste attonito allo spettacolo discutendo animatamente e chiedendo risposte chiare: ma insomma, Belen ce le aveva le mutande? Sì o no?

Te la dà lui l’acqua!

16 Febbraio 2012 da bsìa

Leggete un po’ che cazzo sta facendo il “grande boso“:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/02/16/bocciata-referendum-privatizzazione-dellacqua-rispunta-pacchetto-monti/191682/

C’ho il vomito!!