Se ne va lui, me ne vado anch’io
7 Giugno 2011 da Emilio ContiUna delle maggiori conquiste di una democrazia, se non la maggiore in assoluto, è la libertà d’espressione. In tutte le sue forme: giornalistica, letteraria, cinematografica, televisiva, comiziale e, per ultima, quella fornitaci dalle nuove tecnologie della rete, blog e reti sociali. L’unico vincolo alla libertà di espressione, in una democrazia che si rispetti, è il Codice Penale. Qualsiasi altro intervento rivolto a limitare tale libertà, in qualsiasi modo lo si travesta, deve essere chiamato con la parola giusta: CENSURA.
Uno dei pochi meriti che mi riconosco è quello di non essere caduto nella maglie seduttive di Berlusconi. Un imprenditore che si arricchisce con un monopolio e va in giro a blaterare di “libera concorrenza” non può essere credibile, o lo è per chi non sa cosa significa “libera concorrenza”. Da persone simili non ci si può certo aspettare tolleranza e pluralismo: chi è abituato a comandare, continua a farlo, qualsiasi sia il ruolo che riveste.
Il “signore” in questione ha incominciato con il defenestrare Montanelli e ha proseguito con il famigerato “editto bulgaro” con il quale ha fatto fuori prima Luttazzi e poi Biagi. Con il terzo, vale a dire Santoro, non ci è riuscito grazie ad una sentenza di un tribunale. Ma l’uomo, gliene va dato atto, non è di quelli che demordono e, pur essendo al tramonto (che sarà devastante per lui, ma soprattutto per noi), è riuscito, complice la marea di servi di cui si è circondato e che hanno invaso tutte le istituzioni, nello scopo di far fuori il conduttore di Annozero.
Ve la ricordate la giustificazione del “presunto imprenditore” prestato alla politica? “Santoro è fazioso, però è pagato con i soldi di tutti”. E nessuno che si alzi a dire: “Scusi, signor Berlusconi, ma è pagato anche con i miei di soldi e io Annozero lo voglio vedere, perché mi piace”. Personalmente detesto Vespa e Minzolini, e non mi piace neanche tanto Paragone. Ma mai e poi mai mi azzarderei a chiedere di cacciarli dalla Rai. Fortunatamente esiste il telecomando. Non ho mai visto una puntata di “Porta a porta” né mi sogno di guardare il TG1 di Minzolini (che reputo di una faziosità ripugnante) e solo raramente mi è capitato di vedere la trasmissione di Paragone. Ma non mi permetterei mai di chiederne le teste. Solo i fascisti, i dittatorelli da strapazzo. censurano e vogliono togliere dalla circolazione chi non la pensa come loro.
La Rai dovrebbe essere di noi cittadini che paghiamo il canone. In realtà è diventata la preda preferita dei partiti politici. La Rai, pagata anche con i miei soldi, propina “Isole dei famosi”, fiction con attori dalla recitazione improbabile che fa venire il latte alle ginocchia (per usare un eufemismo), “Porte a porte” con plastici di tutte le forme e dimensioni (quando non mettono in mostra tette con la scusa della chirurgia plastica), “Balli con le stelle”, ecc. Per me tutta “fuffa”, pagata anche con i miei soldi. A me piace la satira e dov’è finita? I Luttazzi, i Guzzanti, i Rossi? Non piacevano a “lui” ergo non devono piacere a tutti! Mi piacciono i film, ma perché devo sorbirmi l’ennesima replica di Rambo e di tutti gli altri film di vent’anni fa? E adesso mi hanno tolto anche Santoro.
Comunque, anche se involontariamente, il “signor” Berlusconi ha ragione. Perché pagare per vedere della “fuffa”? Il canone, allora, se lo paghino loro: il sottoscritto ha già dato!
Una risposta a “Se ne va lui, me ne vado anch’io”
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13 Giugno 2011 alle 12:14
Concordo su tutta la linea.
Aggiungerei un’altra considerazione dal punto di vista di un’azienda che ha bisogno di soldi. E la Rai ne ha un gran bisogno in quanto deve pagare stipendi mega e benefit altrettanto costosi. Basti ricordare l’uso disinvolto che Minzolini fa delle carte di credito aziendali. E’ innegabile che Santoro, piaccia o non piaccia, porta un sacco di grano grazie agli introiti pubblicitari. Metterlo nelle condizioni di andarsene e, per di più, di andare a rafforzare la concorrenza è una gravissima sconfitta manageriale. Non ci vuole certo un genio per capirlo.