Questa volta parliamo di calcio
13 Dicembre 2007 da Emilio ContiPreciso immediatamente che non si tratta di una deroga a quanto è stato specificato nella pagine INFO del blog, vale a dire del divieto assoluto di parlare di calcio. In quella occasione, però, non avevo precisato i motivi di tale divieto (e nessuno me li ha chiesti). Uno dei motivi è stato illustrato, in maniera egregia, da un nostro concittadino in una bella lettera inviata a La Provincia PAVESE e da questa pubblicata il 9 dicembre 2007. Ho ritenuto, quindi, importante riproporla*.
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Quanta ipocrisia con il terzo tempo
E adesso si sono inventati la stretta di mano a fine partita. Scriveva il grande George Bernanrd Shaw che «l’ipocrisia è l’omaggio che la verità rende all’errore». Perché, tanto di cappello ai dirigenti e ai giocatori del campionato di serie D, che questo gesto compiono già da tempo e anche espressioni di incoraggiamento a chi in serie C o nelle giovanili è favorevole a introdurre «il terzo tempo» (che comunque è un’altra cosa…) imitando il rugby, che tanto va di moda, ma davvero si può pensare che nel grande circo del professionismo di pace, lealtà, correttezza?
E’ come mettere un po’ di cipria sul viso vissuto di una vecchia signora. Le rughe si coprono ma non scompaiono. Infatti, sono cominciati i distinguo, «il gesto deve essere spontaneo», «se un’imposizione non va bene» e così via. Perché «quelli», bisogna rassegnarsi, salvo poche eccezioni, in cima alla propria scala ideale hanno altri valori. Più materiali. Più meschini.
Ma come si può credere che accettino di buon grado di salutarsi alla fine della partita quando durante la stessa si mandano più volte in un certo posto a fare una certa cosa, ci mandano l’arbitro o l’allenatore avversario, si scambiano «gentilezze» come è avvenuto fra Cassano e Ulivieri? O si danno calci nel sedere come Baldini e Di Carlo?
A volte si danno la mano, certo, ma in faccia, pur essendo compagni di squadra, come è accaduto tra Marchini e Foggia. In un ambiente dove anche le amicizie che sembrano solide sono perlopiù interessate (ho qualche esperienza in proposito), cosa può risolvere una stretta di mano?
Il fatto stesso che la Lega decida di riunirsi per «regolamentare il gesto» la dice lunga: ma per scambiarsi un atto di cortesia serve un regolamento? Meglio lasciar perdere allora. Si vede che la cortesia in questo mondo di stelle e stelline pallonare non è di casa. Del resto è bastato vedere Inter-Lazio di mercoledì sera. Al triplice fischio, tutti sotto la doccia. E poi magari vai a ballare, in qualche carnaio milanese, la notte è piccola, meglio non perderne nemmeno un po’.
Credo proprio che altri siano i problemi di questo calcio malato, così gravi che la storia della stretta di mano sembra un espediente per riempire le discussioni e allontanare l’attenzione del marcio che sale come l’acqua alta a Venezia nella stagione delle maree. La stretta di mano non servirà a cambiare l’atteggiamento dei protagonisti dello spettacolo.
E’ un fatto di buona educazione. Ma la buona educazione non si compra al mercato. Chi non ce l’ha ne rimane sprovvisto. E la stretta di mano sarà solo un’appendice alla partita. Per la maggior parte delle persone, correggersi vuol dire cambiare i propri difetti. Lo diceva Voltaire. Credo proprio che avesse ragione.
Massimo Londrosi
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* Pubblicata per gentile concessione dell’autore e ripresa integralmente da La Provincia PAVESE del 9 dicembre 2007 (compresi probabili refusi tipografici).
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