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Non è un Paese per cinquantenni!

17 Dicembre 2009 da sgur_di_tri

Si parla tanto dei giovani che non trovano lavoro, che sono loro le vittime principali di questa crisi. Su questo siamo tutti d’accordo, ma accanto ai giovani io ci metterei anche quei cinquantenni che, pur non avendo ancora raggiunto i requisiti per la pensione, vengono letteralmente “sbattuti” fuori dal mondo del lavoro, senza la prospettiva di un loro reinserimento. Dalla parte dei giovani almeno c’è il fatto, secondo me non tanto banale, di essere giovani, cosa che consente loro di guardare al futuro ancora con un certo grado di ottimismo, quell’ottimismo che invece un cinquantenne fa fatica ad avere ancora.

A questo proposito, vorrei parlarvi di un incontro che qualche giorno fa ho avuto con una mia vecchia conoscenza (e stavolta, credetemi, è tutto vero), per far capire il dramma che le persone di quest’età e in queste condizioni stanno vivendo.

Sono al supermercato. Incrocio A.B. (cinquantacinque anni) che non vedevo da una decina d’anni.  Ebbene, tutte e due, con il carrello della spesa, ci salutiamo quasi all’unisono, con il classico “Oh! E’ da un po’ che non ci si vede. Come stai?”. Al mio “Abbastanza bene, e tu”. Lui mi risponde: ”Di salute abbastanza bene anch’io, ma è il resto che non va bene!” – e subito intuisco che vuole quasi sfogarsi – “Ho fatto l’impiegato presso la D.H. (sigla di fantasia) fino a tre anni fa. La fabbrica, come saprai perché ne hanno parlato tutti i giornali, ha chiuso, e, dopo il solito periodo di cassa integrazione, mi hanno messo “in mobilità”, cioè sono disoccupato (non si ha neanche più il coraggio di chiamare le cose col proprio nome). E ora non riesco più a trovare lavoro! Ho cercato dappertutto. Ho lasciato pure il mio nome in tutte le agenzie per lavoro interinale di Pavia. Aspetto che mi dicano qualcosa. Bah! Vedremo” – e mentre mi parlava abbassava lo sguardo e scuoteva la testa – “Per il momento non c’è niente da fare, tutti mi dicono che sono troppo vecchio, che se solo avessi avuto qualche anno in meno, forse… Non posso neanche sperare di andare in pensione perché, nonostante abbia cominciato a lavorare da quando avevo 16 anni, mi mancano cinque anni di contributi che un mio vecchio datore di lavoro non ha mai pagato. Spero proprio che qualcosa cambi presto, se no la vedo dura”. Tira un sospiro, e poi continua: “Tu per caso non conosci qualcuno che magari ha bisogno, che so, di pulire il giardino o altro .….sono disposto a fare qualsiasi lavoro. Scusa se te lo chiedo, ma non potresti segnarti il mio numero di telefono”. Cosa che faccio subito. “E se ti capita qualcosa, ti chiederei per cortesia di farmelo sapere. Mi faresti un grosso favore. Ti ringrazio” e mi stringe la mano con forza, quasi a voler siglare un patto tra di noi.

Ci siamo fermati ancora un attimo parlando d’altro, ma nel frattempo, non potevo fare a meno di pensare a quello che mi aveva appena detto, alla compostezza ed alla dignità che trasmetteva mentre mi parlava. Sembrava una persona umiliata, ferita nell’orgoglio, di una ferita che non sanguina (ma sappiamo tutti che sono queste le ferite che fanno più male). Pareva vergognarsi del suo “essere disoccupato”, di cui non riusciva a capirne le ragioni (lui che aveva lavorato sempre), assalito da un malcelato e opprimente “senso di colpa”. Alla fine, al momento di salutarci, mi augura Buon Natale. E sì, perché, ad essere sinceri, mi ero completamente dimenticato del Natale!

Devo ammettere che questo incontro mi ha lasciato una profonda tristezza che, a distanza di qualche giorno, mi tiro ancora dietro e faccio fatica a scrollarmi di dosso. Perché ritengo che situazioni simili siano più numerose di quando si pensi, e tutto sommato ancora poco visibili, ma che la necessità spinge, sia pur a fatica, ad uscire dal chiuso delle case, dove sono ancora vissute con pudore e compostezza. Penso inoltre che, se non si dovessero trovare soluzioni a breve, non solo ho il timore che la crisi possa estendersi fino ad investire anche i quarantenni, ma che possano aprirsi scenari di povertà diffusa nella nostra società.

So che questa storia poco si adatta al clima luccicante da Natale televisivo a cui ci hanno abituati, ma se ho voluto condividere con voi un episodio così personale, l’ho fatto perché ho pensato fosse doveroso ricordare, specialmente in questo periodo così pieno di luci, buoni sentimenti (dichiarati) e canzoncine melense, che succede anche questo nell’Italia di oggi.

Una risposta a “Non è un Paese per cinquantenni!”

  1. sgur_di_tri dice:

    Ho scritto questo “post” per far sì che non ci dimenticassimo che, oltre alla salute del premier, esiste il problema della salute della nostra economia. E neanche a farlo apposta, proprio oggi Vittorio Zucconi pubblica un articolo su “La Repubblica” che parla di questo e del dramma occupazionale in Italia. Se avete due minuti di tempo, vi chiederei di leggerlo: è breve ma illuminante.
    (http://zucconi.blogautore.repubblica.it/2009/12/17/?ref=hpsbsx)

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