La patata bollente
3 Ottobre 2009 da Emilio ContiDa qualche giorno imperversa sulla stampa la polemica sulle assenze di parlamentari delle opposizioni in due importanti votazioni, con la pubblicazione dei loro nomi e dei rispettivi partiti di appartenenza. Si tratta di una novità assoluta, per la stampa italiana, e che andrebbe accolta favorevolmente, anzi, c’è da rammaricarsi che questa iniziativa non sia stata adottata tempo fa. E’ molto importante, infatti, che gli elettori, siano essi di destra o di sinistra, vengano a conoscenza dei comportamenti di coloro che hanno contribuito ad eleggere al Parlamento e possano così giudicarli e tenerne conto nelle successive consultazioni elettorali. Non secondario, poi, il fatto che gli assenti “giustificati” si siano sentiti in dovere di rendere pubblico il motivo della loro assenza contribuendo così ad una maggiore trasparenza dei comportamenti.
A questo risultato si è giunti a seguito, come si diceva all’inizio, di due votazioni nelle quali, a causa dell’assenza di diversi esponenti delle “opposizioni”, (ma non solo, come si vedrà) i provvedimenti in discussione sono stati approvati; risultato che poteva essere ribaltato se, appunto, non ci fossero state tali assenze. In sostanza, quelle assenze si sono rivelate determinanti per le approvazioni, ed è stato questo fatto a suscitare l’indignazione e la conseguente reazione da parte di alcuni giornali che hanno parlato di “inconsistenza” dell’opposizione, qualcuno addirittura di “tacito appoggio” al governo.
Ricordando che la prima votazione di cui si sta discutendo riguardava la “Pregiudiziale di costituzionalità” al cosiddetto “Scudo fiscale”, mi sento di dire che la critica al comportamento delle opposizioni sia più che giustificata perché quell’iniziativa era partita proprio da loro. L’indignazione deriva appunto da questo: presentano una pregiudiziale e poi se la fanno bocciare perché ci sono delle assenze senza le quali tale pregiudiziale avrebbe avuto successo. Parlare di masochismo è riduttivo e bene ha fatto la stampa a metterlo in risalto.
Per quanto riguarda il secondo episodio, il voto di fiducia sullo “Scudo fiscale”, rimango più cauto. E’ pur vero che si sarebbe potuto battere il governo, ma sarebbe stata un’opzione veramente auspicabile per le opposizioni? A parte il fatto che bocciare un provvedimento governativo non significa l’inevitabile ricorso alle urne (il Presidente della Repubblica potrebbe assegnare l’incarico di formare un nuovo governo a qualche altro parlamentare della stessa “area” del premier dimissionario), siamo proprio sicuri che questo risultato sia quello auspicato dalle opposizioni? Chi se la sentirebbe di andare a governare il paese in questo momento? In piena crisi economica con le inevitabili tensioni sociali che già da adesso si stanno manifestando e che non potranno che aumentare? Non sarà meglio far “marcire” la situazione a tal punto che anche gli elettori moderati di destra incominceranno a sentirne le conseguenze e, risvegliandosi malamente dal rimbambimento mediatico a cui sono sottoposti, incominceranno a trarne le conseguenze e molleranno il “cavaliere”? Certo, se così fosse, sarebbe un calcolo ben cinico, ma in politica ci sta anche questo, anche se le conseguenze le pagano i cittadini (ma non tutti). Meglio lasciare la patata che scotta in mani altrui finché non se le sarà ustionate ben bene.
Nella votazione di ieri non sono mancati solo parlamentari del centro-sinistra ma anche alcuni vicini al presidente della Camera Fini: Roberto Menia, Donato Lamorte, Manlio Contento, Mirko Tremaglia. Anche questo è un segnale che meriterebbe qualche approfondimento.
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