Si continua
23 Settembre 2013 da Emilio ContiSta quasi diventando un’abitudine! Ancora una volta, una lettera inviata alla stampa locale, è stata pubblicata leggermente accorciata. Credo di fare cosa gradita nel pubblicare, nella sua interezza, la lettera del nostro concittadino, anche perché l’analisi che svolge è di notevole interesse.
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Amministratore del mio paese per 20 anni della vituperata “Prima Repubblica” ho avuto la fortuna di testare sul campo le idee lungimiranti in materia di governo locale del prof. Valerio Onida sotto la cui guida mi sono laureato in Diritto Regionale con una tesi sui comprensori: una sorta, questi, di “aggeggi istituzionali” rapidamente scomparsi dalla architettura degli enti che si dovrebbero occupare di amministrazione pubblica. Già alla fine degli anni settanta si parlava infatti non tanto di eliminazione della Provincia quanto del suo superamento o meglio della ridefinizione dei suoi compiti. Paradossalmente infatti si era intuito che la crisi dell’ente locale non stava innanzitutto nella Provincia quanto nel Comune, pensato e costruito, in termini di competenze, tal quale il Comune di inizi del novecento. Quando le dinamiche sociali e produttive di un qualsiasi comune delle nostre provincie erano ristrette nei propri confini o poco più in là aveva senso un ente locale che provvedesse a tutto dall’anagrafe all’edilizia, dall’artigianato alla pubblica assistenza. Se questa struttura aveva retto sino ai primi anni sessanta di lì in poi le dinamiche socio-economiche – inevitabilmente sovra comunali indotte dalla industrializzazione spinta che ha cambiato il volto dell’Italia – hanno posto una domanda di riforma, parzialmente risolta con la Regione degli anni settanta.
Quale la ricetta: i “servizi alla persona” da attribuire al Comune mentre tutto ciò che attiene al governo del territorio e alla sua regolamentazione socio-economica si consegni ad un ente intermedio di “area vasta”. La vicenda della riforma del governo locale si è trascinata sino ai giorni nostri e non si sa se riusciremo a vederne i risultati. Nel frattempo, in mancanza di una scarsa chiarezza nella attribuzione delle competenze amministrative e alla conseguente loro sovrapposizione tra Comune/Provincia/Regione, si è lasciato spazio allo scempio del territorio. I Sindaci dei comuni dei nostri paesi (mi riferisco alla Bassa ma gli altri non sono da meno), fatta eccezione per pochi isolati casi, hanno dato il via libera, anche in buona fede, ad una cementificazione selvaggia con piani artigianali e commerciali elefantiaci , localizzazione di logistiche sempre più gigantesche, nuove costruzioni abitative a scapito di necessari recuperi edilizi in zone centrali, moltiplicazione di rotatorie (un tempo la moda era il comune denuclearizzato oggi un comune esiste se ha la rotatoria), impianti grandi e piccoli di smaltimento dei rifiuti.
Al termine della mia “carriera politica” avevo partecipato ad una entusiasmante stagione di collaborazione coi colleghi degli altri comuni della Bassa che, alle prese con il nascente impianto Ecodeco di Corteolona, lo avevano accettato come impianto di bacino zonale nell’ottica che ognuno deve smaltire i propri rifiuti. Da quella esperienza di lavoro unitario non ideologico, forti della consapevolezza della necessità per i nostri paesi di un governo che fosse sovra comunale, nasceva la prima Unione dei Comuni che ne raccoglieva una trentina, la più vasta della Lombardia. Tutto purtroppo finiva di lì a poco nella frantumazione dell’Unione in tante piccole unioni e in inincidenti consorzi. La miopia di molti sindaci, piccoli Podestà, alcuni i più malati di protagonismo altri vocati all’inseguimento di sogni di grandezze granducali, hanno affossato tutto. Rimane la bellezza purtroppo sfiorita dei nostri paesi e la necessità di una vera riforma del governo locale.
CARLO GRIGNANI
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